A fronte di minacce sempre più sofisticate che spaziano dal furto di materiali al sabotaggio, fino alle vulnerabilità introdotte dalla digitalizzazione degli impianti, le imprese sono chiamate a ripensare radicalmente i propri modelli di protezione. Per questa ragione la sicurezza fisica, per anni considerata un tema secondario rispetto a quella digitale, torna oggi al centro delle strategie aziendali. Non si tratta più di difendere un perimetro, ma di garantire la continuità operativa, la reputazione e la resilienza complessiva dell’organizzazione.
È quanto raccontano i dati raccolti nel report Physical Security Statistics, redatto da Scoop Market, secondo cui il 60% delle aziende ha subito almeno una violazione fisica negli ultimi cinque anni. I sistemi di videosorveglianza, il controllo degli accessi, i sensori ambientali e le barriere fisiche non sono più elementi a sé stanti, ma parte di un ecosistema integrato che deve dialogare con la componente digitale, tanto che solo nell’ultimo anno il 40% delle organizzazioni ha aumentato il budget dedicato a tecnologie di protezione. Mentre il 75% delle aziende considera oggi la sicurezza fisica una priorità strategica.
Va detto però che si tratta di un tema in cui tecnologia e automazione non sono tutto, la sicurezza non può prescindere dall’elemento umano che si cela dietro ogni protocollo di difesa, dietro ogni algoritmo. È il lato più spesso trascurato della sicurezza: la dimensione psicologica, emotiva e percettiva dell’uomo dietro la macchina. Ma anche di empatia, intuito, adattabilità; fattori umani che nessun codice può replicare.
Come ha sottolineato Roberta Bruzzone, psicologa forense e criminologa investigativa nella plenaria di apertura del Richmond Italia Security director forum in programma dal 28 al 30 settembre a Rimini: “La riflessione parte da un dato allarmante: ad oggi 22 milioni di italiani sono sotto prescrizione psicofarmacologica, ciò forse basta a ricordarci quanto la fragilità individuale possa incidere sulla tenuta complessiva dei sistemi, sociali ancor prima che aziendali. Il vero punto critico della sicurezza non sono le tecnologie, ma i fattori umani: bias cognitivi, eccesso di fiducia, normalizzazione del rischio e la pressione dell’urgenza, leve tipiche sfruttate da hacker e manipolatori. Eppure – aggiunge Bruzzone – nella scelta delle figure professionali, si tende spesso a privilegiare le capacità organizzative, trascurando quelle relazionali. Per i ruoli più delicati, invece, sarebbe opportuno prevedere anche uno screening psicologico, perché avere la persona giusta nel posto giusto fa davvero la differenza: non solo per le competenze tecniche, ma soprattutto per quelle qualità umane che nessun software potrà mai replicare. Tra queste, l’empatia rappresenta la risorsa più strategica nella prevenzione, poiché consente di percepire, interpretare e anticipare i possibili scenari rischiosi”.

L’evento – patrocinato da tre importanti associazioni di settore: ASIS International, la più grande organizzazione internazionale di professionisti della sicurezza; AIPSA Associazione Italiana Professionisti Security Aziendale; e ASSOCISO Associazione Nazionale Chief Information Security Officer – ha rappresentato un’occasione unica per confrontarsi sulle soluzioni tecnologiche più avanzate e sulle strategie di difesa più efficaci. È in questo scenario tutto umano cheil ruolo dei Security Director, dei Facility Manager e dei Site Director assume un peso crescente: non più semplici gestori di impianti o protocolli, ma attori strategici nella difesa dell’impresa. Figure professionali che coordinano risposte in tempo reale, valutano gli scenari di rischio, proteggono gli asset critici e garantiscono la business continuity.
In parallelo le aziende si muovono verso un approccio sempre più integrato ai sistemi di sicurezza, basato su tecnologie che dialogano tra loro e con il digitale. Allo scopo di creare ambienti più sicuri, reattivi e intelligenti. Come racconta Claudio Honegger, amministratore unico di Richmond Italia: “La sicurezza fisica non è più un insieme di dispositivi isolati, ma un vero e proprio ecosistema. Una struttura viva, fatta di tecnologie intelligenti, processi coordinati e persone competenti, che deve adattarsi costantemente a minacce in evoluzione. Oggi chi la gestisce non si limita a proteggere un perimetro: contribuisce a costruire ambienti resilienti, capaci di reagire, adattarsi e prevenire. Il forum nasce per chi vive la sicurezza ogni giorno sul campo e ha bisogno di strumenti, visione e confronto. La sicurezza è fatta di persone, competenze e decisioni rapide: serve quindi una vera e propria cultura della vigilanza, non solo strumenti tecnologici.”
Ecco quali sono le soluzioni di sicurezza più diffuse nel panorama della sicurezza aziendale:
- Il controllo degli accessi rappresenta la scelta prioritaria: il 50% delle aziende investe in questa tecnologia per regolare e monitorare l’ingresso alle aree protette, una barriera essenziale per garantire protezione e governance degli spazi sensibili.
- Subito dopo, con il 30% del mercato, si colloca la videosorveglianza, ormai imprescindibile per il monitoraggio costante e la registrazione delle attività, sia in ambito pubblico che privato. Uno strumento che non solo rafforza la sicurezza, ma contribuisce in maniera determinante anche alla prevenzione degli incidenti.
- Infine, il 20% delle imprese punta sulla sicurezza perimetrale, fondamentale per difendere confini e strutture da accessi non autorizzati e potenziali minacce, rappresentando la prima linea di protezione contro i rischi esterni.
Una volta messe in sinergia, queste soluzioni di sicurezza fisica non rappresentano semplici barriere, ma un’infrastruttura capace di offrire una protezione a 360 gradi contro un’ampia gamma di minacce. La loro funzione è cruciale non solo per salvaguardare gli asset materiali, ma anche per garantire la sicurezza delle persone e la tutela delle informazioni, elementi sempre più esposti e strategici nell’attuale scenario.