Caso De Martino, il cerchio si stringe: il video rubato sarebbe opera del tecnico della videosorveglianza di casa Tronelli

Stefano De Martino

Alla fine, la pista più semplice sembra anche quella più credibile. Per settimane si è parlato di hacker esperti, intrusioni sofisticate, oscuri plot criminali digitali. E invece il caso del video rubato a Stefano De Martino e Caroline Tronelli potrebbe avere una soluzione ben più terra-terra: il responsabile sarebbe il tecnico che aveva installato e gestito il sistema di videosorveglianza nell’abitazione della ragazza. Nessuna regia occulta, nessun cyber-genio: solo qualcuno che conosceva le password, aveva accesso da remoto e ha pensato di trasformare l’intimità altrui in una corsa all’oro virtuale.

Secondo quanto trapela dagli ambienti investigativi, la Procura ha stretto il cerchio su un gruppo ristretto di addetti che, dal 2015, hanno lavorato sull’impianto domestico. L’intero elenco dei tecnici è già acquisito, così come gli accessi ai sistemi e le eventuali modifiche effettuate nel tempo. È un lavoro metodico, quasi chirurgico, che si sta concentrando su chi – tra quei nominativi – avrebbe potuto approfittare della relazione ormai nota tra il conduttore e la 22enne e intervenire proprio nei giorni in cui la storia è diventata pubblica.

Il dettaglio chiave è quello delle telecamere installate anche nelle stanze da letto. Scelta insolita, ma motivata – raccontano fonti vicine al dossier – da episodi precedenti che avevano convinto la famiglia a blindare l’intera abitazione. Un sistema domestico “basico”, spiegano gli inquirenti, collegabile da smartphone o tablet con password descritta come semplice e facilmente memorizzabile. Una serratura digitale non particolarmente resistente, insomma. E qualcuno aveva le chiavi.

È in questo contesto che, per l’accusa, si colloca la sera del 9 agosto. Pochi minuti dopo l’accesso abusivo, il video intimo compare su Pornhub in un’area dedicata al materiale amatoriale. Il file viene caricato con un titolo inequivocabile: “De Martino”. Non un refuso, non un nome vago: un’etichetta che tradisce consapevolezza piena, premeditazione e un chiaro intento di sfruttare la notorietà dei protagonisti. In poche ore il filmato incassa migliaia di visualizzazioni, poi rimbalza su Telegram, raccolto in un canale dove raggiunge circa duemila utenti.

A ricostruire la catena dello scandalo è un elemento quasi cinematografico: un fan. È lui a riconoscere De Martino perché stava guardando casualmente quel contenuto online. È lui a segnalarlo immediatamente al conduttore. Una notifica improvvisa che strappa il velo sull’intrusione e dà il via alla fase investigativa. Nel frattempo parte la monetizzazione clandestina: il materiale, secondo chi indaga, sarebbe stato rivenduto attraverso una rete informale di intermediari anonimi, mentre le piattaforme ufficiali sarebbero state inconsapevoli della filiera economica parallela.

La relazione tra De Martino e Tronelli, resa pubblica pochi giorni prima della violazione, è il punto di svolta su cui gli investigatori insistono. “Non è una coincidenza”, ripetono. Perché fino a quel momento la storia era rimasta riservata. E solo chi aveva accesso ai flussi della casa poteva intuire in tempo reale il valore mediatico del contenuto.

La Procura procede per revenge porn, ma non ci sono ancora nomi formalmente iscritti. Tuttavia, il tracciato che emerge è chiaro: accesso privilegiato al sistema, conoscenza della relazione, tempi rapidissimi di upload, scelta della piattaforma e titolo mirato. Un quadro che, per gli inquirenti, racconta molto più di quanto sembri.

E poi c’è il tassello più curioso: secondo un investigatore privato, il presunto responsabile avrebbe persino trovato il modo di vantarsi della “impresa” in spiaggia, a Diamante, in Calabria, nei giorni successivi. Una vanità che, se confermata, potrebbe trasformarsi nella prova più clamorosa: non serve un manuale di cyber-crime per rovinarsi da soli.