Check in, il Consiglio di Stato apre ai controlli digitali. Vince la linea di FARE: “Sicurezza sì, ma con l’ausilio della tecnologia”

Una precisazione che dà ragione alla linea proposta dalla Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera e ribalta l’idea che il check-in debba avvenire soltanto in presenza. Airbnb: “Siamo a disposizione delle Autorità”

Il Consiglio di Stato conferma che la sicurezza è prioritaria, ma chiarisce che l’identificazione degli ospiti può essere effettuata anche tramite strumenti tecnologici. Una precisazione che dà ragione alla linea proposta da FARE (Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera) e ribalta l’idea che il check-in debba avvenire soltanto in presenza.

Il Consiglio di Stato, infatti, accogliendo il ricorso del Ministero dell’Interno contro la decisione del TAR Lazio sulla circolare 38138/2024, ribadisce, sì, la centralità dell’identificazione de visu, ma precisa che essa non deve necessariamente avvenire “di persona”, bensì può essere effettuata con “appositi dispositivi di videocollegamento” o strumenti equivalenti capaci di verificare l’identità dell’ospite hic et nunc. La circolare – si legge ancora – ha natura meramente interpretativa e non può introdurre obblighi non previsti dalla legge.

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Il punto più rilevante della pronuncia è proprio quello che FARE sostiene da mesi: “de visu” significa controllo effettivo dell’identità, non necessariamente controllo fisico in presenza. Il Consiglio di Stato cita esplicitamente dispositivi come videocitofoni, spioncini digitali, QR code con fermo immagine o altri strumenti idonei a garantire l’effettiva corrispondenza tra ospite e documento.

Si tratta della stessa soluzione avanzata da FARE nell’incontro di aprile al Viminale, quando la Federazione fu l’unica a proporre un equilibrio tra sicurezza e innovazione, mentre altre sigle chiedevano la totale automazione senza verifica visiva.

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“La sentenza riconosce una verità semplice: la sicurezza è fondamentale, ma non può ostacolare l’evoluzione tecnologica”, afferma la Federazione. «Il TULPS è del 1931. Oggi, il mondo, e il turismo, sono cambiati. Se esistono strumenti di videocollegamento che garantiscono un’identificazione certa, usarli non solo è possibile, ma sensato. La linea giusta è quella proposta da FARE: sicurezza, sì, ma con l’ausilio della tecnologia”.

Così Airbnb in una nota: “Accogliamo con favore la decisione del Consiglio di Stato, che conferma che il self check-in rimane consentito quando viene utilizzata una tecnologia che consente la verifica in tempo reale dell’identità dell’ospite. Il self check-in è una funzionalità utilizzata in tutto il settore turistico. Permette a ospiti e host di gestire gli arrivi in modo flessibile, adattandosi ai cambiamenti imprevisti dei piani di viaggio e consentendo di accedere in sicurezza nell’alloggio a qualsiasi orario. Gli host sono comunque tenuti a controllare l’identità degli ospiti – di persona oppure tramite dispositivi di videoconferenza in tempo reale come telefonate o videocitofoni – e comunicarle alle forze dell’ordine entro da 6 a 24 ore dall’arrivo. Restiamo a disposizione delle Autorità per qualsiasi confronto in tema di sicurezza”.

Il contesto

La decisione chiarisce tre elementi chiave:

  • il Ministero vince il ricorso, ma la circolare resta un documento interpretativo, non prescrittivo;
  • l’identificazione può essere digitale, purché garantisca un controllo reale e immediato;
  • l’interpretazione del Consiglio di Stato, secondo cui negli alberghi la presenza fisica al desk è “condizione necessaria”, apre un tema rilevante per il settore alberghiero, molte cui strutture hanno adottato procedure automatizzate di check-in.

Per l’extralberghiero, invece, la sentenza rappresenta la conferma che i sistemi di verifica digitale sono compatibili con la legge e possono, se ben progettati, aumentare la sicurezza.