Claudio Conte, detenuto e laureato in Giurisprudenza, è diventato il primo dottore di ricerca in Italia da quando, nel 2018, è stata istituita la Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari (CNUPP). È un traguardo di particolare importanza, che segna la storia del sistema penitenziario e universitario italiano.
Il titolo gli è stato conferito dall’Università della Calabria, nell’ambito del dottorato in “Politica, Cultura e Sviluppo”, grazie a una borsa di studio riservata ai candidati privati della libertà personale. L’esame finale si è svolto all’Università di Parma, dove Conte è stato formalmente ospitato per la discussione della tesi. Il suo lavoro di ricerca, intitolato “Le interazioni sociali in ambito penitenziario dal punto di vista degli stude-tenuti: resistenze, reazioni, trasformazioni”, indaga la funzione dello studio universitario in carcere come percorso di rinascita personale e cambiamento sociale.
La commissione, composta da Paolo Jedlowski, Andrea Borghini e Chiara Scivoletto, ha giudicato la tesi “eccellente con lode”. Durante la cerimonia, in collegamento dall’aula Guarasci dell’Unical, il rettore eletto Gianluigi Greco e il coordinatore del dottorato Francesco Raniolo hanno espresso grande soddisfazione: “Questo risultato – hanno detto – trasforma il carcere in un luogo di conoscenza e riflessione critica”.
Un riconoscimento che ha anche un forte valore simbolico. Per il presidente della CNUPP, Giancarlo Monina, si tratta di “un passaggio storico”: «Uno studente detenuto non è più soltanto un recluso, ma anche e soprattutto uno studente universitario». Lo studio in carcere, ha aggiunto, costruisce ponti tra “dentro” e “fuori”, contribuendo a una società più giusta e fedele all’articolo 27 della Costituzione, che riconosce nella pena una finalità rieducativa.
Durante la cerimonia, momenti di riflessione hanno accompagnato il riconoscimento accademico, con gli interventi di Elisabetta Zamparutti e Sergio D’Elia (Nessuno Tocchi Caino), Francesca Vianello (Università di Padova), Agnese Moro, Paolo Setti Carraro, e i messaggi di Manlio Milani e Lucia Montanino.
La ricerca di Conte, realizzata anche con la collaborazione della redazione di Ristretti Orizzonti (coordinata da Ornella Favero e Carla Chiappini), mostra come la formazione possa diventare strumento di riconciliazione, responsabilità e riparazione, in sintonia con le esperienze di giustizia riparativa ricordate da Franco Bonisoli, ex militante della lotta armata.
Un ringraziamento particolare è andato al rettore Nicola Leone e al Senato Accademico dell’Università della Calabria per aver riservato un posto di dottorato a persone private della libertà, ma capaci di produrre ricerca di qualità sul carcere e dal carcere.
La storia di Claudio Conte non è solo un successo accademico: è il segno concreto che l’università può entrare nei luoghi della pena per restituire dignità, conoscenza e futuro. E che anche dietro le sbarre, la cultura può essere la forma più alta di libertà.
di Ernesto Mastroianni







