Dovrebbe essere uno degli strumenti chiave della trasformazione digitale della sanità e, invece, il fascicolo sanitario elettronico rischia di diventare un volano di nuove diseguaglianze. È quanto emerge da un’analisi della Fondazione Gimbe, presentata in occasione del 9° Forum Mediterraneo in Sanità a Bari, secondo cui la sua implementazione procede a velocità diverse nelle Regioni, generando una vera e propria frattura digitale.
Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sottolinea che il fascicolo sanitario elettronico “oggi, per milioni di cittadini, resta uno strumento ben lontano dalla piena operatività”. A suo avviso, “il divario digitale tra le Regioni rischia di trasformarsi in una nuova forma di esclusione sanitaria”. Infatti, solo sei delle sedici tipologie di documenti previste sono effettivamente disponibili in tutte le Regioni: lettera di dimissione ospedaliera, referti di laboratorio e radiologia, verbale di pronto soccorso, prescrizione farmaceutica e specialistica.
Secondo l’indagine basata sui dati del portale Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, aggiornati al 31 marzo 2025, solo il 42% dei cittadini ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati, una condizione necessaria perché il sistema diventi davvero utile.
Le Regioni più virtuose nell’integrazione del fascicolo sono quelle dove più dell’80% dei documenti principali risulta aggiornato. In particolare, il profilo sanitario sintetico, le prescrizioni e i referti specialistici ambulatoriali sono presenti in gran parte del territorio nazionale. Tuttavia, documenti come la cartella clinica o le lettere di invito a screening e vaccinazioni sono ancora marginali o assenti, con il Veneto unica Regione ad aver digitalizzato la cartella clinica.
Il divario emerge anche nella disponibilità dei servizi digitali integrati nel Fse, che dovrebbero essere 45 in totale. Solo Toscana e Lazio ne offrono più della metà, mentre la Calabria si ferma al 7%. Anche in questo caso, Cartabellotta precisa che “molti servizi digitali sono disponibili tramite altri canali regionali, ma la mancata integrazione nel Fse fa perdere il senso di una piattaforma unica per il cittadino e compromette il monitoraggio nazionale”.