Flotilla, le barche ancora in navigazione: «Andiamo avanti per rompere il blocco». Crosetto: «No atti di violenza»

La notte della Flotilla si fa sempre più incerta. Alcune delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla hanno già subito l’abbordaggio da parte della Marina israeliana: l’Alma, nave madre della missione, risulta isolata e senza contatti. Altre barche, però, resistono e continuano a trasmettere messaggi frammentari, denunciando interferenze alle comunicazioni e un accerchiamento che si fa ogni minuto più stretto.

Dalla barca Aurora, poco dopo le 20, è arrivata la voce degli attivisti: «È iniziato l’intercetto di alcune delle barche, in particolare con l’Alma. La connessione va a tratti, ma siamo determinati a continuare. Facciamo rotta verso Gaza per rompere il blocco marittimo, aprire un corridoio umanitario permanente e chiedere la fine del genocidio». Un messaggio breve, scandito dalla consapevolezza che ogni secondo di trasmissione può essere l’ultimo.

Pochi minuti prima, gli stessi attivisti avevano lanciato un appello simile: «Al momento venti imbarcazioni stanno venendo verso di noi, alcune sono già all’interno della Flotilla e non sappiamo le loro intenzioni. Siamo determinati a continuare, facciamo rotta verso Gaza». Poi l’avvertimento: «Potremmo perdere la connessione a breve. L’invito a tutti è a sostenere la Global Sumud Flotilla, ma soprattutto il diritto all’esistenza del popolo palestinese. Siamo una flotta autorganizzata e pacifica».

Parole che arrivano mentre la tensione cresce e i canali di comunicazione vengono disturbati. Ogni messaggio può essere l’ultimo. «Andiamo avanti», scrivono ancora via social, segnalando che le navi israeliane sono ormai a pochi metri e che l’affiancamento è già iniziato.

Dal governo italiano arrivano intanto le prime prese di posizione ufficiali. Al Tg1 il ministro della Difesa Guido Crosetto ha confermato che le barche della Flotilla sono ormai circondate: «Mi auguro che tutto avvenga con calma e razionalità. Le barche sono circondate e dovrebbero essere portate nel porto di Ashdod, dove poi ci attiveremo per verificare come far rientrare i nostri connazionali. L’importante è che tutto avvenga senza violenza, senza alcun rischio. Sono preparati sia le persone a bordo che le autorità israeliane».

Poche parole, ma dal peso politico rilevante, anche quelle del ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Gli italiani andranno in Israele e poi saranno espulsi», ha dichiarato al Tg1, anticipando quindi una rapida conclusione delle procedure amministrative una volta che gli attivisti saranno trasferiti a terra.

Sui social, intanto, continua a scrivere la portavoce italiana della Flotilla, Maria Elena Delia: «Le navi militari dell’IOF (l’esercito israeliano, ndr) hanno cominciato le procedure per intercettare le barche della Global Sumud Flotilla. In acque internazionali. Restate vigili. Non lasciamoli soli. Ora tocca all’equipaggio di terra».

Il quadro che emerge è quello di una missione ormai spezzata in più tronconi. Alcune barche sono già state abbordate e condotte verso le navi militari israeliane, altre mantengono la rotta ma denunciano gravi difficoltà di comunicazione. In mare la sproporzione è evidente: da un lato le piccole imbarcazioni civili, dall’altro un dispositivo navale con almeno venti unità militari e gommoni d’assalto.

Il messaggio politico della Flotilla resta lo stesso, ripetuto come un mantra nelle ultime ore prima del silenzio: «Siamo pacifici, vogliamo aprire un corridoio umanitario». È questo il punto su cui gli attivisti insistono, consapevoli che ogni immagine, ogni parola, ogni video diffuso in queste ore potrà diventare documento di accusa davanti all’opinione pubblica internazionale.

A terra, intanto, la mobilitazione cresce. Diverse sigle sindacali e associazioni hanno già annunciato iniziative di protesta in sostegno alla Flotilla e contro l’operazione israeliana. In Italia, l’USB ha proclamato uno sciopero generale per il 3 ottobre, invitando lavoratori e cittadini a fermarsi «per dire basta alla guerra e al blocco di Gaza».

Le prossime ore saranno decisive per capire quante imbarcazioni riusciranno ancora a resistere e se alcune di esse tenteranno di forzare il blocco fino all’ultimo miglio. Ma i segnali che arrivano dal mare sono sempre più radi. «Andiamo avanti – dicono dall’Aurora – ma sappiamo che ci stanno per abbordare».

Il Mediterraneo orientale resta sospeso tra attese e blackout. L’Alma non risponde più. Altre barche trasmettono a intermittenza. Israele stringe la morsa e prepara il trasferimento degli attivisti ad Ashdod. In mezzo, la voce degli ultimi a bordo che ancora riescono a farsi sentire: «Non ci arrendiamo, la nostra rotta è verso Gaza».