In vista proprio della Giornata Mondiale dedicata ai “parent”, in programma domenica 1° giugno, emergono dati a dir poco allarmanti in merito alla salute psicofisica della Generazione Z. Solo in Italia il trend coinvolge circa il 45% dei giovani, in particolar modo, per via della cosiddetta “disconnessione” tra la vita online e quella offline.
Uscire dal tunnel è possibile? Secondo gli esperti la risposta è sì e il “passepartout” è il rapporto con papà e mamma, ai quali ragazzi e ragazze della Gen Z chiedono, in particolar modo, maggiore ascolto per esprimere al meglio le loro emozioni. “I genitori, pur appartenendo a generazioni diverse, sono e saranno sempre esempi capaci di proteggere, supportare e offrire consigli: per questo motivo il primo passo per uscire dalla solitudine è parlarne apertamente con loro”, affermano Ketty Panni e Ombretta Zulian, imprenditrici e fondatrici della Fondazione Relazionésimo.
“A volte ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro”.
Sono le parole dello storico poeta e scrittore statunitense Charles Bukowski che risultano più che mai attuali, soprattutto se il concetto di solitudine viene collegato ad una generazione in particolare. Si tratta della Gen Z che, secondo una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto di Fondazione Relazionésimo, soffre tremendamente di solitudine, a tal punto che gli esperti hanno lanciato il “Gen Z Alert”. Entrando più nel dettaglio, è una situazione veramente allarmante quella che coinvolge i giovani nati tra il 1997 e il 2012 e la causa è il rapporto stretto con la cosiddetta “loneliness”.
Secondo Fortune USA, a livello globale più di un giovane su 3 (34%) si sente costantemente solo. Per quanto riguarda, invece, l’Europa si resta sulla medesima lunghezza d’onda. In Gran Bretagna il trend coinvolge l’85% dei giovani appartenenti alla Generazione Z. In Italia i numeri restano preoccupanti, si attesta il 45% dei giovani. La motivazione principale? La disconnessione tra la vita online e quella offline, la quale genera confusione e disorientamento. Ci sono altre ragioni dietro alla diffusione di questa sensazione di solitudine tra gli “young adult” nati tra il 1997 e il 2012? Per quanto riguarda il genere maschile, la mancanza di un partner, o banalmente l’etichetta “single man”, risulta un grande peso oltre che un fuoco che alimenta la “loneliness”. Inoltre, anche i social media e le aspettative della società attuale, che vuole e pretende sempre perfezione e risultati, giocano un ruolo estremamente importante. In questo caso negativo agli occhi e nelle mente della Generazione Z.
Secondo gli esperti, dal tunnel si può uscire. Il passepartout più efficace è la comunicazione con i genitori che, pur appartenendo a generazioni diverse, risultano sempre la prima ancora a cui aggrapparsi e il primo rifugio in cui trovare riparo. Il tutto viene messo in risalto sia da Verywell Mind, che definisce quasi “terapeutico” il dialogo con i genitori per la Gen Z, sia da Psychology Today che vede nella solitudine addirittura un’opportunità per valorizzare o, in alcuni casi, ricostruire un rapporto significativo e duraturo con i propri “parent”. Ulteriori considerazioni in merito arrivano da Ketty Panni e Ombretta Zulian, le artefici di Fondazione Relazionésimo, un progetto sostenuto da sociologi e psicologi che punta valorizzare il ruolo e l’importanza delle relazioni all’interno dei principali contesti sociali, tra cui quello famigliare.

“La solitudine non è un problema da sottovalutare. Ne sono una prova concreta i dati sopra argomentati, per questo motivo risulta più che mai fondamentale tornare a dare importanza alle relazioni, in particolar modo a quelle più autentiche, ovvero quelle con i propri genitori. Al fine di costruire un rapporto forte e basato sul dialogo serve sicuramente affinare l’ascolto, come specificato da un recente approfondimento a cura del New York Post, e, di conseguenza, occorre la collaborazione di entrambe le parti, anche degli stessi parent. A questo proposito non è affatto facile instaurare una comunicazione ottimale tra generazioni così diverse. Infatti, non è un caso, che solo negli USA il 62% dei ragazzi appartenenti alla Gen Z chieda maggiore ascolto a mamma e papà con l’obiettivo di esprimere meglio le loro emozioni. Su questi temi abbiamo aperto da tempo un osservatorio, sia monitorando le molteplici indagini svolte sulle giovani generazioni, sia realizzandone in proprio. Il primo studio è dedicato a «Le relazioni con il futuro attraverso gli occhi dei giovani», realizzato in collaborazione con Luca Romano di LAN – Local Area Network, coinvolgendo i giovani già nell’impostazione del questionario. Tutto ciò nasce per indagare, analizzare e valorizzare le dinamiche relazionali nei diversi contesti della società contemporanea, tra cui la famiglia, con l’obiettivo di costruire conoscenza condivisa e orientare scelte future ispirate all’umano e alla cura delle relazioni”.
Ulteriori considerazioni sul tema giungono da Giuseppe Castaman, direttore di Fondazione Relazionésimo per molti anni a contatto con i giovani nel ruolo di docente: “Riflettendo, proprio in questa Giornata Mondiale dedicata ai genitori, un dato che non può lasciarci indifferenti è che quasi la metà dei giovani italiani della Generazione Z manifesta segnali di disagio psicofisico. Un malessere che nasce spesso da una frattura profonda tra la vita vissuta online e quella reale, fatta di corpi, emozioni e silenzi non filtrati. Il dialogo e l’ascolto da parte dei genitori può essere una strada da perseguire. Forse può sembrare semplice e banale ma, i figli oggi non chiedono perfezione, chiedono presenza, e chiedono ascolto, senza giudizio. Perché solo sentendosi visti e accolti possono imparare a riconoscere, esprimere e trasformare le loro emozioni. Ricucire il filo tra le generazioni è forse la più grande sfida educativa del nostro tempo. Ma anche una potente opportunità”.