Giovani e futuro incerto: tra crisi e guerre c’è una generazione che non resta in silenzio

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Viviamo un’epoca segnata da crisi sovrapposte. La pandemia ha lasciato ferite profonde, la guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente hanno riportato l’Europa in uno scenario geopolitico incerto, dove anche la crisi climatica continua ad aggravarsi con eventi estremi sempre più frequenti. A tutto questo si sommano l’inflazione, la difficoltà a trovare lavoro stabile, il caro affitti, e un senso di disillusione crescente nei confronti delle istituzioni.

Chi paga il prezzo più alto? I giovani. L’Italia è tra i paesi europei con il più alto tasso di disoccupazione giovanile e con uno dei più bassi investimenti pubblici in istruzione. In un contesto globale sempre più instabile c’è una parte sempre più ampia della nuova generazione che sceglie di non restare in silenzio, di scendere in piazza e manifestare.

L’immagine dei giovani appellati come “apatici” o “disinteressati alla politica” è sempre più lontana dalla realtà. Infatti, oggi stiamo assistendo a una nuova ondata di attivismo giovanile, che parte dal basso e si manifesta in forme diverse: scioperi, cortei, occupazioni, petizioni online, flash mob e disobbedienza civile.

A Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Firenze, migliaia di ragazzi e ragazze manifestano per il loro futuro, portando striscioni dalle parole taccanti e forti “non siamo il futuro, siamo il presente”, “ci state rubando tutto”, “vogliamo vivere, non sopravvivere”.

E poi il famoso “weekend lungo”, quello appena trascorso, che non solo ha portato in piazza centinaia di anziani e famiglie ma anche centinaia di giovani. Si sono mobilitati insieme alle loro scuole per manifestare per la Palestina e per l’ingiustizia subita dai volontari della Global Sumud Flotilla, un’azione solidale che ha risvegliato in loro un forte senso di giustizia.

Li abbiamo visti, li abbiamo stutati – uno ad uno – erano al fianco di famiglie, insegnanti, attivisti e anziani. Nei loro occhi c’era paura e determinazione, fragilità e rabbia, domande che bruciano e speranze che resistono. C’è la consapevolezza di vivere in un tempo difficile, dove le certezze si sgretolano e le promesse non vengono mantenute. Ma c’è anche una luce nuova: quella di chi non si arrende all’indifferenza del governo nei confronti dei più deboli e scegli di scendere in piazza, di alzare la voce.

I movimenti nati negli ultimi anni, come Fridays for Future o i collettivi studenteschi, stanno creando una rete sempre più ampia di sinergie dove i giovani hanno bisogno di farsi sentire, di dire ‘siamo qui, oggi, domani e dopodomani’.

È un grido disperato che chiede l’attenzione della politica e delle istituzioni: in un’Italia dove la disoccupazione giovanile resta tra le più alte d’Europa e dove i giovani spesso si sentono invisibili, la loro voce si sta facendo sentire sempre più forte. Fragili ma ribelli, consapevoli ma stanchi di promesse non mantenute. E’ proprio nel loro sguardo, a volte spezzato altre volte fiero, che si intravede già il seme del cambiamento.