Se cerchi dei santi, evita il quadrilatero della moda. In quella zona di Milano dove i cocktail costano quanto una bolletta e le verità si svendono a peso d’oro, si è sta consumando uno degli scandali più torbidi dell’estate 2025. Al centro, manco a dirlo, c’è lui: Fabrizio Corona, il re Mida del gossip tossico, che trasforma ogni voce in oro. E poi ci sono loro: Martina Ceretti, la modella “dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti”, e Federico Monzino, l’amico rampante con un passato da imprenditore e un presente da indagato.
Sì, perché mentre tutti giocavano a fare i puri, la procura di Roma ha iscritto Monzino nel registro degli indagati per tentata estorsione ai danni di Raoul Bova. Altro che storie di Instagram. Qui c’è un’indagine vera, con nomi, messaggi, e una domanda che non ha ancora risposta: chi ha fatto arrivare le chat e gli audio di Bova nelle mani di Corona?
Partiamo dal principio.
A innescare la bomba è stata una puntata di Falsissimo, il programma in cui Corona fa ciò che sa fare meglio: sputtanare. Parla di un flirt tra Bova e Martina Ceretti, messaggi bollenti risalenti al 2023, presunti incontri in hotel e un audio vocale che fa il giro del web. La voce è inequivocabile: è quella dell’attore. Ed è destinata a lei, la giovane modella con 100mila follower (ormai spariti).
In mezzo a questo tsunami, spunta Federico Monzino, classe 1996, milanese, nato nella bambagia e cresciuto tra cavalli, Ferrari e champagne. Nipote di Tullio Monzino, storico imprenditore e mecenate, oggi gestisce un portafoglio immobiliare multimilionario, fa l’imprenditore nel settore nautico e si definisce sui social “supercar addict”. Sui suoi profili – che vantano quasi 850mila follower – si alternano Lamborghini, spiagge tropicali, cavalli di razza e fisici scolpiti. Ma adesso, in bacheca, c’è un trofeo che non si comprava nemmeno col Black Card: una bella iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di aver cercato di estorcere qualcosa a uno degli attori più amati d’Italia.
Corona non ha dubbi: è stato lui a passargli tutto. Gli audio, le chat, forse anche l’intera narrazione. Secondo il paparazzo, Monzino ha fatto da tramite per Ceretti, raccontando i dettagli della relazione (vera? presunta? inventata?) tra la modella e Bova. E se così fosse, il reato sarebbe serio: usare informazioni riservate per danneggiare un personaggio pubblico e guadagnarci sopra è estorsione, mica gossip.
Federico, dal canto suo, smentisce tutto. Dice che si dissocia, che ha avvisato i legali, che la ricostruzione è falsa. Poi però ammette candidamente che “si è preso lui la responsabilità per alleggerire Martina”. E qui cade tutto. Perché nessuno si prende una responsabilità penale per qualcun altro a cuor leggero. A meno che non sia coinvolto, o in debito. O entrambi.
Martina, nel frattempo, ha chiuso Instagram. Letteralmente: il profilo @martinaceretti è sparito nel nulla. Prima di farlo, però, ha lasciato qualche frase laconica: “Non ho mai autorizzato nessuno a pubblicare nulla. Mi dissocio. Non sono la ragazza che è stata raccontata”. E ancora: “Federico è un bravissimo ragazzo, non è un tossico. Non è stato lui a inviare le chat”.
Cosa curiosa, perché nella stessa inchiesta, le autorità stanno proprio cercando di ricostruire la catena di trasmissione: da chi ha ricevuto gli audio a chi li ha girati a Corona. E chi ha smentito chi, ormai non si capisce più.
Il fatto resta uno solo: l’audio c’è. I messaggi anche. E sono stati divulgati da qualcuno che aveva un interesse a farlo. E se l’interesse non era economico, era mediatico. E se non era mediatico, era vendetta. Ma in ogni caso, qualcuno ha tradito la fiducia di Raoul Bova – e oggi ne pagherà le conseguenze davanti a un giudice.
Nel frattempo, su Instagram non vola più nemmeno una farfalla. Nessuna foto di cavalli. Nessuna diretta da Mykonos. Solo silenzio. Un silenzio che puzza di paura. O di colpe. E forse, anche di vergogna. Perché a raccontare i fatti propri a Corona – uno che ha fatto dell’industria del gossip una carriera – bisogna essere quantomeno sprovveduti. Ma a farlo sperando di restare con le mani pulite… bisogna essere proprio ingenui. O complici.
E in questa storia, i santi hanno tutti il volto sporco.