A Bruce Springsteen quello che pensa di lui Donald Trump interessa poco o nulla. «È la personificazione dello scopo del 25° emendamento e dell’impeachment. Se il Congresso avesse un minimo di coraggio, lo butterebbe nel bidone della spazzatura della storia».
Il Boss, nell’intervista esclusiva concessa a Time, torna a usare la voce aspra e tagliente che lo ha sempre contraddistinto quando la politica americana lo delude.
Il settimanale gli ha dedicato la copertina, accompagnando il ritratto in bianco e nero con il titolo: “The Voice of the Real America”. Un tributo che suona anche come un riconoscimento alla coerenza di un artista che, a 75 anni, non ha mai rinunciato alla sua idea di patria: un luogo in cui contano ancora gli ultimi, non i miliardari. «Molti hanno creduto alle sue bugie», dice parlando di Trump. «Ma a lui non importa nulla di chi resta indietro. Si preoccupa solo di se stesso e dei multimiliardari che lo hanno sostenuto sin dal primo giorno».
Parole che arrivano in un momento in cui la campagna elettorale americana è tornata ad accendersi, tra comizi, indagini giudiziarie e polarizzazione crescente. Springsteen, che nel 2016 si era apertamente schierato contro Trump, oggi non si limita a ripetere le stesse accuse di allora. L’artista osserva con amarezza una democrazia che fatica a ritrovare un senso condiviso: «Abbiamo un bisogno disperato di un partito alternativo che sia davvero efficace — spiega — oppure che i Democratici trovino qualcuno in grado di parlare alla nazione».
Un affondo che fotografa la crisi della politica americana: da un lato un trumpismo sempre più radicalizzato, dall’altro un campo progressista spesso incapace di incarnare una visione collettiva. Springsteen non risparmia nessuno. Il suo è un lamento patriottico più che ideologico, un’invocazione perché la politica torni ad avere anima. «Le persone vogliono sentirsi parte di qualcosa che le riguarda davvero. Ma quando il linguaggio pubblico diventa tossico e disumano, finisci per non riconoscerti più nel tuo Paese», dice.
Non è la prima volta che il Boss prende posizione. Dalla guerra in Vietnam a “Born in the U.S.A.”, canzone spesso fraintesa ma intrisa di denuncia sociale, fino alle esibizioni per la campagna di Barack Obama, la sua voce è rimasta una bussola morale per intere generazioni. Anche dopo anni di silenzio mediatico, la sua figura conserva un’aura di credibilità che pochi artisti riescono a mantenere nel tempo.
Negli ultimi mesi, Springsteen è tornato a esibirsi dal vivo dopo un periodo di pausa forzata per problemi di salute. Ha ripubblicato una nuova versione live di Open All Night, brano simbolo della working class americana, accompagnata da un video girato durante le prove del tour europeo. «Cantare è come respirare: mi ricorda da dove vengo», ha detto. Ma ogni volta che prende la parola, il suo sguardo resta rivolto all’America di oggi — un Paese che sembra essersi smarrito tra paure, divisioni e ricchezze estreme.
Il Boss non nasconde la nostalgia per una stagione in cui la musica poteva ancora incidere sulla coscienza collettiva. «La mia generazione credeva che le canzoni potessero cambiare il mondo. Non so se sia più così, ma credo che le storie che raccontiamo possano ancora ricordarci chi siamo».
Nel corso dell’intervista, Time gli chiede cosa pensi del prossimo voto presidenziale. Springsteen sorride amaramente: «Mi auguro che gli americani ricordino chi sono davvero, non quello che gli dicono di essere. Non serve un salvatore. Serve solo tornare a guardarci negli occhi».
Un messaggio diretto, senza filtri, in perfetto stile Springsteen: l’America come progetto morale, non come marchio politico.
E se oggi il Boss torna a “cantargliele” a Trump, è perché — come scrive il magazine — «nessun altro incarna meglio di lui la voce di chi lavora, cade e continua a rialzarsi».
Nel finale dell’intervista, il musicista lascia una riflessione che suona come un avvertimento: «Ogni volta che la nostra democrazia sembra sul punto di spegnersi, qualcuno accende una luce. Io provo a farlo con una chitarra. Ma tocca agli altri non spegnerla».