Nel cuore del XXI secolo, l’umanità si trova di fronte a un bivio epocale. I segnali sono inequivocabili: lo scioglimento accelerato dei ghiacciai, l’innalzamento dei livelli del mare, la desertificazione di intere aree un tempo fertili, siccità sempre più prolungate e gravi crisi agricole che colpiscono ogni continente. I mutamenti climatici non sono più uno scenario futuro, ma una realtà che si manifesta ogni giorno con una forza crescente e spesso devastante.
Eppure, mentre la scienza lancia da decenni allarmi sempre più documentati, molti leader mondiali scelgono la strada del negazionismo. Il ritorno sulla scena globale di figure come Donald Trump — simbolo di un’ideologia che rifiuta l’evidenza scientifica — rappresenta un inquietante passo indietro. La politica ambientale è ormai ostaggio di interessi economici immediati, incapace di affrontare le sfide sistemiche che ci attendono. Non solo non si fermano le estrazioni di petrolio e gas, ma si riducono gli investimenti nelle energie rinnovabili, si smantellano regolamenti ambientali e si ignorano le raccomandazioni degli scienziati.
I segnali di un collasso in corso
1. Lo scioglimento dei ghiacciai:
Secondo il World Glacier Monitoring Service, i ghiacciai alpini e quelli dell’Himalaya stanno perdendo metri di spessore ogni anno. L’Antartide Occidentale e la Groenlandia mostrano un’accelerazione nella perdita di massa, contribuendo direttamente all’innalzamento degli oceani. Se il trend attuale dovesse continuare, intere città costiere come New York, Venezia, Mumbai e Jakarta rischierebbero di finire sott’acqua entro la fine del secolo.
2. L’innalzamento del livello del mare:
Negli ultimi 30 anni, il livello medio globale del mare è aumentato di oltre 10 cm. Potrebbe salire di un metro entro il 2100 secondo le stime più pessimistiche dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Milioni di persone nelle regioni costiere sarebbero costrette a migrare, creando una nuova ondata di profughi climatici.
3. Desertificazione e siccità:
Dal Sahel africano fino alla California, la siccità non è più episodica, ma ciclica. Il Mediterraneo, compresa l’Italia, è considerato uno dei principali “hotspot” climatici mondiali, dove il riscaldamento è più rapido della media globale. Le riserve idriche diminuiscono, mentre i suoli diventano sempre meno fertili.
4. Crisi agricola e sicurezza alimentare:
Eventi climatici estremi, piogge torrenziali, ondate di calore, tempeste, distruggono raccolti e compromettono la produttività agricola. Paesi come l’India, la Cina, gli Stati Uniti e gran parte dell’Africa sono già colpiti da cali nella resa delle principali colture. Il prezzo del grano, del mais e del riso è soggetto a impennate improvvise, con pesanti conseguenze sociali.
Il secolo del disordine ecologico
Le conseguenze di questi fenomeni non si limitano all’ambiente: investono la sicurezza geopolitica, l’economia globale, la salute pubblica, i flussi migratori. Il cambiamento climatico agisce da “moltiplicatore di crisi”, accentuando le disuguaglianze esistenti e mettendo a rischio la stabilità dei sistemi democratici. Il riscaldamento globale potrebbe alimentare conflitti per le risorse, carestie, instabilità politica, pandemie favorite dalla distruzione degli ecosistemi.
Un millennio compromesso?
Se il XXI secolo sarà segnato dall’inazione, le conseguenze si estenderanno ben oltre. Gli equilibri naturali impiegano millenni a stabilizzarsi. Ciò che l’uomo distrugge oggi potrebbe non tornare più: foreste pluviali, barriere coralline, specie animali, catene alimentari. Stiamo manomettendo il sistema terrestre come se fosse un laboratorio sperimentale, ma senza conoscere pienamente le variabili in gioco.
Politiche negate e tempo sprecato
Il grande paradosso è che le soluzioni esistono. Le energie rinnovabili sono sempre più accessibili e competitive. Le tecnologie per la decarbonizzazione dell’industria e dei trasporti avanzano rapidamente. La riforestazione, la protezione della biodiversità e il risparmio idrico sono strumenti efficaci. Tuttavia, senza una volontà politica globale, tutto questo resta frammentario. Il ritorno dei “negazionisti climatici” al potere, sostenuti da lobby fossili e da una retorica populista, blocca ogni passo avanti. Trump non è un’eccezione, ma l’espressione di una tendenza più ampia: quella di sacrificare il futuro per il consenso immediato.
Il futuro è oggi
Il tempo per intervenire non è finito, ma si sta rapidamente esaurendo. Ogni frazione di grado in più significa milioni di persone colpite. Ogni anno perso significa un costo maggiore da pagare per le generazioni future. I giovani che oggi scendono in piazza chiedono un diritto elementare: un pianeta vivibile. È nostro dovere ascoltarli e agire con decisione.
Non si tratta più solo di salvare l’ambiente. Si tratta di salvare noi stessi. Se il secolo che stiamo vivendo sarà ricordato come quello del collasso o della rinascita, dipenderà da ciò che decideremo di fare — o di non fare — adesso.
Andrea Papaccio Napoletano