Il “signor” Andrea Windsor sotto inchiesta: dagli Usa un invito a testimoniare sul caso Epstein

Si allungano nuove ombre sull’ex principe Andrea d’Inghilterra, oggi semplicemente Mr. Andrew Mountbatten-Windsor. Dopo la caduta in disgrazia seguita al suo coinvolgimento nel caso Jeffrey Epstein, l’ex duca di York torna nell’occhio del ciclone: questa volta non a Londra, ma negli Stati Uniti, dove un gruppo crescente di parlamentari democratici ne chiede la convocazione ufficiale di fronte al Congresso.

A riportarlo sono la BBC e i principali media britannici, secondo i quali il numero di deputati statunitensi favorevoli a sentire Andrea come testimone nel nuovo filone d’inchiesta sui “file Epstein” è salito in poche ore da due a sedici. Tutti firmatari di una lettera inviata al comitato parlamentare che indaga sulle complicità politiche e finanziarie del defunto faccendiere americano, accusato di aver costruito un vasto sistema di sfruttamento sessuale minorile con ramificazioni ai vertici dell’economia e del potere internazionale.

Secondo quanto trapelato da Washington, la lettera indirizzata all’ex principe contiene un “invito formale a collaborare” con le autorità. In pratica, un preavviso di convocazione. Il testo, dai toni diplomatici ma fermi, chiede a Windsor di “contribuire alla piena ricostruzione della verità”, in quanto figura che — a detta dei firmatari — “ha avuto rapporti diretti con Jeffrey Epstein e con alcuni membri del suo entourage in anni cruciali”.

Per l’ex duca di York, 65 anni, la prospettiva di un interrogatorio oltreoceano rappresenta un incubo che ritorna. Dopo l’accordo extragiudiziale da 12 milioni di sterline che nel 2022 lo aveva liberato dal procedimento civile avviato da Virginia Giuffre, la donna che lo accusava di abusi quando era minorenne, Andrea aveva giurato di non mettere più piede negli Stati Uniti. Oggi, però, la pressione politica e mediatica potrebbe costringerlo a rivedere i piani.

Dalla Casa Bianca, per ora, nessun commento ufficiale. Ma fonti del Congresso confermano che “la convocazione non è un atto simbolico”. Tra i promotori dell’iniziativa spiccano i deputati Jamie Raskin e Alexandria Ocasio-Cortez, entrambi noti per le loro battaglie sulla trasparenza delle istituzioni. L’obiettivo dichiarato è “fare luce su ogni livello di responsabilità, senza eccezioni per status o rango”.

Nel Regno Unito, intanto, la famiglia reale sembra aver chiuso definitivamente la porta al “principe ribelle”. Re Carlo III, dopo avergli ritirato i titoli militari e il patronato di numerose organizzazioni, avrebbe disposto — secondo il Times — che Andrea non potrà più utilizzare il titolo di “Altezza Reale” nemmeno in occasioni private. Da mesi vive in un’ala secondaria del Royal Lodge a Windsor, sorvegliato da un numero ridotto di guardie, e partecipa soltanto a eventi strettamente familiari.

La sua parabola resta una delle più clamorose cadute di immagine nella storia della monarchia britannica. Per anni, Andrea era stato considerato il “principe del jet set”, con amicizie altolocate e uno stile di vita sfarzoso che lo aveva reso popolare — e discusso — ben oltre i confini del Regno. Poi l’amicizia con Epstein e la fotografia con Ghislaine Maxwell, condannata a 20 anni per traffico sessuale, hanno travolto tutto.

Il celebre confronto televisivo con Emily Maitlis, nel 2019, fu la sua rovina definitiva: un’intervista che doveva servire a difenderlo e che invece lo consegnò al pubblico ludibrio, con l’imbarazzante giustificazione “non potevo sudare” diventata meme virale. Da allora, l’ex duca non ha più rilasciato dichiarazioni pubbliche.

Oggi, però, le inchieste americane riaprono la partita. Secondo quanto emerge da alcuni estratti dei file Epstein resi pubblici dal tribunale di Manhattan, il nome di Andrea compare accanto a contatti e movimenti registrati tra il 2000 e il 2006, periodo in cui il finanziere gestiva le sue isole private ai Caraibi. Non ci sono, al momento, nuove accuse penali, ma i membri del Congresso vogliono capire se l’ex principe abbia mai fornito informazioni o collaborato alle indagini.

«Nessuno è al di sopra della legge — ha dichiarato il deputato democratico Raskin —. La giustizia americana non può essere condizionata da titoli nobiliari o passaporti diplomatici». Parole che a Londra hanno il sapore dell’umiliazione.

Dal Palazzo, Buckingham tace. Ma fonti interne parlano di “preoccupazione crescente” per le ricadute d’immagine sul sovrano. Re Carlo, che sta cercando di modernizzare la monarchia e ridurre i costi, non vuole più essere associato alle vicende del fratello, definito dai tabloid “the royal ghost”. Anche la sorella Anna e il principe William sarebbero contrari a qualsiasi tentativo di riabilitazione.

Per Andrea, insomma, il tempo delle protezioni è finito. I suoi legali, contattati dai media britannici, si limitano a dire che “non è pervenuta alcuna notifica ufficiale dal Congresso” ma che “l’ex duca è disposto a collaborare se richiesto in modo appropriato”.

Una formula che suona come un disperato tentativo di guadagnare tempo. Perché, da Londra a Washington, le ombre del caso Epstein si allungano ancora. E stavolta, il “signor Windsor” potrebbe trovarsi senza più alcun castello dove nascondersi.