La Flotilla verso Gaza lascia Creta: “Siamo in acque internazionali, i droni ci seguono dall’alto”. Tasca: “Andate avanti, siete operatori di pace”

manifestazioni per Gaza e Flotilla

Le navi umanitarie continuano la rotta verso sud-est, monitorate dai droni israeliani ma senza incidenti. Oggi una delegazione italiana incontrerà il ministro della Difesa Guido Crosetto. L’appello dell’arcivescovo di Genova: “Il male distrugge, solo l’amore crea”.

Le navi della Flotilla hanno superato Creta e ora navigano in acque internazionali, dirette verso la Striscia di Gaza. Il mare è agitato, la tensione alta, ma la rotta non cambia. “È stata una notte difficile per le condizioni del mare molto mosso — racconta Maria Elena Delia, portavoce italiana del Global Movement to Gaza —. Le imbarcazioni sono state monitorate da droni che, questa volta, si sono mantenuti alti. Non ci sono stati attacchi, ma la sensazione di essere costantemente osservati è forte”.

Il convoglio umanitario, composto da piccole navi civili partite da vari porti europei, trasporta medicinali, cibo e materiale di prima necessità destinato alla popolazione palestinese, da mesi intrappolata in una crisi umanitaria senza precedenti. “Le pressioni diplomatiche degli ultimi giorni — aggiunge Delia — fanno sperare che la missione possa arrivare a destinazione senza incidenti. La nostra idea è chiara: proseguire verso la Striscia”.

La missione, denominata Global Sumud Flotilla, è seguita a distanza da una fregata della Marina militare italiana, che monitora costantemente la situazione. Nelle prossime ore, una delegazione italiana del movimento incontrerà il ministro della Difesa, Guido Crosetto, per discutere del quadro di sicurezza e delle misure necessarie a tutelare l’equipaggio e i volontari. “Siamo stati convocati nel pomeriggio — confermano i rappresentanti — e contiamo di ricevere rassicurazioni sul rispetto del diritto internazionale. Questa non è un’azione politica, ma un gesto umanitario”.

Sul piano diplomatico, cresce anche l’attenzione dei partiti di opposizione, che nelle prossime ore incontreranno i promotori della Flotilla per ribadire il sostegno alla missione e sollecitare un intervento dell’Unione Europea.

Intanto, dal mondo cattolico arriva una voce autorevole e carica di empatia. L’arcivescovo di Genova, monsignor Marco Tasca — che il 30 agosto aveva benedetto le prime barche in partenza dal porto — ha lanciato un messaggio di vicinanza ai volontari. “I fratelli e le sorelle della Flotilla sono operatori di pace e devono sentirsi sorretti, non soli o abbandonati, come se stessero combattendo una battaglia persa. La Chiesa è con loro: li vuole bene, li stima, li apprezza”, ha dichiarato in un’intervista a la Repubblica.

Tasca parla con parole che mescolano fede e inquietudine: “Mi sento diviso — confessa —, è faticoso decidere cosa sia giusto fare. Mi chiedo qual è la cosa più utile per la gente di Gaza, ma nel mio cuore io direi: andiamo avanti. Perché in un momento così grave, in cui vediamo che si compie il male del mondo su persone inermi, su donne e bambini, la simbologia è importante. Dobbiamo dare dei segni. La missione della Flotilla ha avuto il merito di rendere visibile la follia di ciò che sta accadendo”.

Una follia che, secondo l’arcivescovo, nasce anche dall’assuefazione globale al dolore: “Siamo abituati alla guerra, ai numeri dei morti, ai droni che sorvolano, perfino al linguaggio della distruzione. È terribile. L’individualismo esasperato ci ha resi ciechi: parliamo di armi atomiche con la stessa leggerezza con cui un tempo si parlava del meteo”.

Eppure, tra la paura e la speranza, resta l’appello più semplice: “La Chiesa deve esserci, deve pregare, deve fermarsi accanto al dolore”, dice Tasca, citando San Massimiliano Kolbe, il martire di Auschwitz: “Il male distrugge, solo l’amore crea”.

A rendere ancora più accesa la discussione, l’ultima denuncia arrivata dall’organizzazione umanitaria Music for Peace, secondo cui Israele avrebbe chiesto di togliere dagli aiuti umanitari biscotti e miele perché “troppo energetici per donne e bambini”. “Disgustoso. Disumano”, ha commentato l’arcivescovo. “L’invito è a ritrovare un briciolo di umanità, a sentire la vita degli altri come parte della nostra. L’opinione pubblica, finalmente, si sta risvegliando e comincia a esprimere la propria indignazione”.

Intanto la Flotilla continua a solcare il Mediterraneo. “Il mare è in tempesta, ma il vento è dalla nostra parte”, ha detto uno dei capitani via radio. Le comunicazioni sono intermittenti, ma il messaggio resta limpido: “Portiamo aiuti, non armi. Portiamo speranza, non sfida”.

La traversata, lunga e complessa, prosegue sotto il controllo costante dei satelliti e con l’attenzione crescente delle diplomazie europee. A bordo, una piccola comunità di medici, religiosi, attivisti e giornalisti convive tra turni di guardia, preghiere e riunioni operative. Tutti consapevoli che la loro rotta non è solo geografica, ma simbolica: un gesto di disobbedienza civile che vuole ricordare che il mare — quel mare che oggi separa — dovrebbe unire.

E mentre la Flotilla procede lentamente verso est, scortata dal silenzio delle onde e dagli occhi invisibili dei droni, il Mediterraneo torna a essere specchio del mondo: luogo di passaggi, di speranze e di frontiere. Un mare che, ancora una volta, racconta la storia di chi non si rassegna all’indifferenza.