La sinistra smarrita e la sfiducia nella politica

Referendum 8-9 giugno: urne

C’è un silenzio che pesa più di mille parole: quello delle urne vuote. In Calabria, sei cittadini su dieci non hanno votato. Un’assenza che non si spiega solo con la distanza geografica dei fuorisede, ma con un distacco ben più profondo: quello tra la politica e la vita reale delle persone. Questo dato non è solo statistica: è una crepa nella fiducia, un grido muto di chi non si sente più rappresentato,
ascoltato, compreso.

La sinistra, quella vera, ha bisogno di ritrovare una direzione chiara e un linguaggio comune. Essere al fianco della Palestina, dell’Ucraina e di tutti i popoli oppressi è necessario, ma non può bastare. Essere dalla parte dei diritti civili e sociali è necessario, ma non può bastare. Essere antifascisti è necessario, ma non può bastare. Essere contro questa destra estrema, nelle scelte e nelle parole, è necessario, ma ancora una volta non può bastare. Senza un progetto che unisca, queste battaglie rischiano di restare nobili ma isolate, di parlare a chi già è convinto, senza raggiungere chi si è arreso.

Tutte queste battaglie sono giuste, ma non bastano più a colmare il vuoto di rappresentanza, di credibilità, di fiducia. Gli elettori lo hanno detto, anzi lo hanno urlato. Hanno smesso di crederci. E non perché non abbiano ideali, ma perché non vedono più una prospettiva, un orizzonte comune, una visione capace di cambiare davvero le cose. Mancano i sogni condivisi, manca la fiducia nelle istituzioni, manca un senso collettivo di appartenenza. Le nuove generazioni, spesso le più attive e creative, restano ai margini, disilluse da un sistema che non concede spazio, che confonde partecipazione con mera rappresentanza.

La politica si è allontanata dai cittadini, e con essa anche la speranza. È un sistema che negli anni si è corrotto, non solo nei comportamenti, ma nei linguaggi, nei simboli, nei modi di stare tra le persone. La sinistra ha smesso di raccontare il Paese, di interpretarlo, di ascoltarlo. Ha perso l’abitudine di guardare negli occhi chi non arriva a fine mese, chi studia lontano da casa, chi vive la
precarietà non come condizione passeggera ma come destino. È diventata una politica che parla per slogan, che commenta più che costruire, che gestisce più che immaginare. E questo la gente lo sente, lo capisce, lo punisce con l’astensione.

Oggi serve un cambio di passo. Serve una sinistra capace di essere alternativa vera, non solo per contrapposizione ma per proposta. Una sinistra che torni a parlare di temi concreti: lavoro, scuola, sanità, ambiente, tecnologia, diritti digitali, e che sappia farlo con parole.

Luca Falbo