Gentile Ministro Valditara,
mi chiamo Giuseppe Barilaro. Le scrivo in quanto insegnante, padre, uomo, e desidero sottoporle, anzitutto, la richiesta di essere convocato di persona per un dialogo costruttivo. Questo appello nasce a sostegno di tutti i colleghi, che ogni anno, senza ritegno né buon senso, siamo dirottati in chissà quale città con molto poco preavviso. Sa, quel preavviso che serve a gestire le nostre economie? Probabilmente a Lei non appartiene questa parola, poiché dall’alto della sua poltrona, insieme a strategie politiche ed economiche, sa come riempire le tasche del governo, delle università e forse anche sue.
Questa lettera non vuole essere un atto di ostilità verso nessuno, ma semplicemente porre all’attenzione quanto di più umiliante una persona possa vivere ogni anno: una partenza senza meta, una chiamata non fatta durante il periodo estivo, magari per organizzare bene la possibilità di un affitto e non lasciare che pesi sui costi residui.
Sono otto anni che insegno a scuola. In questi otto anni ho visto invecchiare i miei genitori, sto vedendo crescere mio figlio di un anno senza padre e, a volte, mi chiedo se riuscirò a garantire una quotidianità serena a casa. Le spese, quando non c’è la gestione del tempo, sono eccessive, ma noi siamo felici lo stesso. Sa perché? Perché sappiamo di fare qualcosa di bello e concreto per i nostri allievi: li consideriamo nostri figli. A noi la scuola piace; perché a Lei no? Perché, a voi politici, piace godere della sofferenza altrui? Come fa sentire una tale domanda?
Vogliamo discutere di economia: ecco un ipotetico quadro di spesa base, pensando a una situazione comune nel trasferimento: stipendio base 1500 euro, 500 per una stanza, 1000 di caparra, 100 a settimana per la spesa, 50 di benzina, 100 euro per imprevisti (non sempre calcolati) e, se possibile, cosa mandiamo alle nostre famiglie?
Forse non ho tutti i calcoli chiari; risponda Lei. Eppure, nonostante tutto, amo la scuola. Amo contribuire alla crescita del prossimo. Amo l’istituzione, amo questo mondo. E, quando mio figlio crescerà, glielo racconterò sempre nel migliore dei modi, pieno di speranza e di sogni da realizzare.
Non siamo carne da macello, non siamo bestie da spostare a destra e sinistra, non siamo oggetti: siamo l’istituzione, siamo il valore dell’Italia. Dia spazio a chi ama questo lavoro, eviti corsi e specializzazioni che sembrano servire solo a riempire le tasche delle università. Mantenga una coerenza lavorando sulla crescita individuale del docente. Ricordi che siamo entrati a scuola da giovani; ora che diventiamo vecchi potremmo dire: era un posto che mi spettava da tanto, ma ora non ho le forze per viverlo pienamente. Domani potrei non esserci più.
La ringrazio per l’attenzione e Le auguro buon lavoro.
Giuseppe Barilaro – Docente