Ma siamo proprio sicuri che l’intelligenza artificiale non sbagli mai? Non è così. L’IA sbaglia, e spesso in modo clamoroso. Ed è proprio per questa ragione che non possiamo consegnarle la penna, né dipendere da ciò che dice, da come lo dice e dalle certezze di infallibilità che sembra poter garantire. Oggi siamo circondati dall’intelligenza artificiale: è dappertutto, è ovunque. Sta già rivoluzionando interi settori della nostra società, ambiti che per secoli avevano inciso profondamente sulle scelte e sulle professioni e che oggi, invece, dipendono in larga parte da sistemi di IA. Pensiamo alla medicina, ai settori creativi, alla scuola, a molte professioni.
E dobbiamo ammettere che in alcuni ambiti l’intelligenza artificiale sa fare meglio dell’uomo: è più veloce, più efficiente e in grado di migliorare la qualità del lavoro e, di conseguenza, della nostra vita. Ma un dubbio rimane e diventa sempre più forte: quanto possiamo davvero fidarci di tutto ciò che dice l’IA?
Uno studio dell’European Broadcasting Union, realizzato con la BBC, ha rivelato una realtà che deve preoccuparci: quasi la metà delle risposte fornite dai principali chatbot conteneva errori grossolani. Non si tratta di piccole distrazioni, ma di falsità evidenti. Ecco alcuni esempi. L’IA ha scritto di una donna politica svizzera rivelando che fosse stata accusata di corruzione. Ma si trattava di una storia inventata di sana pianta. Nei test EBU-BBC, un quinto delle risposte era completamente inventato o errato, e per quasi un terzo confondeva le fonti.
Un utente ha chiesto all’IA di parlare di sé stesso ed è stato descritto come autore di un massacro, con tanto di condanna a diversi anni di carcere: un fatto mai avvenuto! Nel campo legale va anche peggio: alcuni avvocati americani sono stati multati dopo aver presentato documenti con precedenti giudiziari inesistenti, generati da un chatbot. In Inghilterra, infine, mappe ambientali create dall’IA per il ministero dell’Ambiente hanno scambiato terreni paludosi per rocce e boschi per torbiere, scatenando proteste e imbarazzo. Quando l’IA diventa fonte primaria ed esclusiva, un errore di sistema può fare davvero male e provocare danni concreti.
L’intelligenza artificiale deve essere un aiuto, un supporto. È utilissima perché fa risparmiare tempo, è velocissima e molto potente. Ma non è, e non lo sarà mai, una garanzia di verità assoluta. Nel giornalismo non può sostituire il giornalista che verifica e approfondisce.
Nella letteratura non può sostituire lo scrittore che rielabora con senso critico e passione, suscitando emozioni che una macchina non potrà mai generare. E poi diciamocela tutta: per usare l’IA bisogna essere più intelligenti di lei. Chi la usa deve capire, sapere, vigilare, con grande attenzione. Accettare ciò che dice senza controllare, significa dare fiducia a una macchina fredda, distaccata, che produce testi pieni di lacune e incongruenze. Ancora oggi, per molti sistemi di IA, Papa Francesco risulta “regnante”, e se chiedi l’ultimo intervento del Papa, ti ripropone un discorso di Bergoglio. È successo anche a chi scrive di chiedere all’IA chi fosse stato il primo presidente del Consiglio non democristiano della Prima Repubblica. La risposta è stata: Bettino Craxi. Ma si trattava di una svista grave, perché il primo premier non democristiano fu Giovanni Spadolini.
Ecco perché bisogna saperne più di questa macchina che si crede intelligente. Chi la usa deve verificare tutto: qualsiasi dato o citazione va considerato un suggerimento, non una verità. È necessario controllare le fonti: ogni nome, data o riferimento deve essere confermato alla radice. Creatività, dubbio e senso critico restano prerogative umane. L’IA è uno strumento, tutto qui.
L’entusiasmo nel mondo per l’intelligenza artificiale è comprensibile: le sue funzioni sono straordinarie, e ciò che riesce a fare in pochi secondi richiederebbe all’uomo ore di lavoro. Ma tutto questo deve essere accompagnato da prudenza, attenzione, verifica e approfondimento.
L’IA può creare confusione e danni. Se la vogliamo davvero una compagna affidabile, dobbiamo usarla con intelligenza e responsabilità. La sfida non è avere un’IA infallibile, ma persone pronte a usarla con testa e cuore. La macchina può accompagnarci, ma non potrà mai sostituirci.
L.F.







