“Essere immortale non mi interessa: mi piace invecchiare”. In una sola frase, pronunciata da Mina, che a circa 85 anni resta un mito vivente, si condensa un messaggio controcorrente. In un’epoca che glorifica la giovinezza eterna e cancella le rughe con un clic, Mina rivendica la dignità del tempo che passa. E ci invita a riflettere: perché invecchiare fa ancora paura? Perché la vecchiaia resta un tema scomodo, rimosso, legato solo alla malattia, alla solitudine o alla perdita di valore sociale?
Il paradosso della longevità
Viviamo in una società che invecchia. Secondo l’ISTAT, nel 2024 gli over 65 in Italia rappresentavano il 24,1% della popolazione, con una previsione che supererà il 33% entro il 2050. L’Italia è oggi il secondo Paese più vecchio del mondo, dopo il Giappone. L’aspettativa di vita è tra le più alte d’Europa (circa 83,6 anni), ma l’aspettativa di vita in buona salute è molto più bassa: 61,1 anni, ben quattro anni sotto la media UE.
E mentre la longevità è una conquista, la nostra società non sembra pronta a gestirla. Secondo Eurostat, in Italia solo il 6,8% degli anziani sopra i 65 anni riceve assistenza domiciliare regolare, contro il 14% in Francia e il 18% in Svezia. La spesa pubblica per la long-term care è dell’1,8% del PIL, mentre in Paesi come i Paesi Bassi supera il 4%.
Due Europe: chi investe nella terza età e chi la trascura
Paesi Bassi
Sono tra i più avanzati nella cura e valorizzazione della terza età. Esistono “villaggi senior” come quello di Hogeweyk, pensato per anziani con demenza, dove gli ospiti vivono in case condivise, fanno la spesa, cucinano, partecipano ad attività culturali, con l’assistenza integrata ma invisibile.
Danimarca
Ha abolito le RSA classiche per puntare sull’assistenza domiciliare avanzata. Ogni anziano può contare su un team fisso di operatori, con tecnologie domotiche che migliorano l’autonomia. Il principio è semplice: nessuno deve lasciare casa sua se non lo desidera.
Germania
Ha introdotto un sistema di credito orario: chi assiste un familiare anziano accumula ore che potrà poi “spendere” per se stesso in età avanzata. Un modo per incentivare la cura familiare ma anche renderla un diritto futuro.
Francia
Ha rafforzato i “contrats intergénérationnels”, accordi tra giovani e anziani per la trasmissione di competenze e affitto agevolato. Studenti universitari possono vivere con anziani soli, in cambio di compagnia e piccole attenzioni quotidiane. Un esempio concreto di solidarietà tra generazioni.
L’Italia: tra solitudine e volontariato
In Italia, i numeri raccontano una realtà ancora indietro. Secondo l’Osservatorio della Fondazione Progetto Italia, il 41% degli over 75 vive solo e il 19% non ha contatti regolari nemmeno con i parenti stretti. I centri anziani, dove presenti, spesso sono sottoutilizzati, poco finanziati, e non sufficienti a costruire una rete solida di relazioni e attività. Eppure, migliaia di anziani continuano a rendersi utili: secondo il Censis, oltre 1,6 milioni di pensionati fanno volontariato, spesso in associazioni culturali, parrocchie, circoli ricreativi o iniziative civiche. Un tesoro invisibile.
Ma la loro voce resta marginale nelle agende politiche. Manca una vera strategia nazionale sull’invecchiamento attivo. I pochi fondi del PNRR destinati alla sanità territoriale rischiano di disperdersi senza una visione unitaria.
Non si tratta solo di aumentare la spesa pubblica, ma di ripensare la vecchiaia come tempo di pienezza, non di abbandono. Alcune proposte:
- Promuovere il co-housing senior: abitazioni autonome ma collegate a spazi comuni e assistenza flessibile, come già sperimentato con successo in Spagna e Austria.
- Rilanciare le università della terza età, con corsi aggiornati, ibridi, aperti anche ai giovani: luoghi di scambio e formazione continua.
- Incentivare il mentoring tra generazioni: favorire in aziende, scuole e associazioni il passaggio di saperi da anziani esperti a giovani inesperti.
- Digitalizzazione su misura: non lasciare indietro gli over 70, ma accompagnarli con corsi personalizzati, tecnologie intuitive, sportelli digitali assistiti.
È tempo di cambiare narrazione. Invecchiare non è un fallimento, ma un privilegio che merita rispetto e supporto. “Non sono vecchia, sono vintage”, dicono alcune con orgoglio. Ma non basta l’ironia: serve un nuovo patto generazionale, dove gli anziani non siano più visti come un peso, ma come una risorsa.
Mina, con la sua voce ancora giovane, lo ricorda con leggerezza e forza: invecchiare è vivere. A patto che la società non ti cancelli prima del tempo.
L.F.