Il futuro di San Siro ha finalmente preso una forma ufficiale, ma il cammino è appena iniziato. Mercoledì 17 settembre la giunta di Milano ha approvato la delibera che sancisce la vendita dello stadio e delle aree circostanti a Inter e Milan. Una decisione attesa, preceduta da mesi di voci, pressioni politiche e proteste cittadine. Alla fine il via libera è arrivato, ma non senza attriti interni. Elena Grandi, assessora all’Ambiente e volto di Europa Verde, si è smarcata, votando contro in linea con la posizione del suo partito.
L’operazione vale poco più di 197 milioni di euro, cifra fissata dall’Agenzia delle Entrate e mai modificata nonostante le contestazioni. A questa si sottraggono 22 milioni di compartecipazione comunale legata alla rimozione del vecchio tunnel Patroclo e alle bonifiche. In pratica, uno sconto che ha già fatto discutere. I club si impegnano inoltre a una fidejussione da 124 milioni. Il pagamento avverrà a scaglioni: 73 milioni al rogito, il resto legato all’avvio dei lavori e alla bonifica delle aree.
Il progetto prevede la costruzione di un nuovo impianto sul lato di via Tesio, con l’abbattimento di gran parte del Meazza. Saranno salvati solo alcuni elementi simbolici, su richiesta della sovrintendenza. Attorno allo stadio sorgerà un comparto plurifunzionale con negozi, ristoranti e hotel, mentre 80mila metri quadrati di verde – di cui 50mila “profondo” – dovranno garantire la sostenibilità del progetto. Per raggiungere la neutralità carbonica, il Comune ha imposto ai club compensazioni ambientali fino a 15 milioni, esclusivamente nel territorio milanese.
La tempistica è serrata. Entro il 2026 dovrà essere definito il progetto di fattibilità e stipulata la convenzione. I lavori per il nuovo stadio dovranno partire entro febbraio 2027 e concludersi entro il 2030. Solo allora inizierà la demolizione quasi totale del vecchio Meazza, con una rifunzionalizzazione delle parti residue. L’intero comparto, compresi i servizi accessori, dovrebbe essere completato entro il 2035. Un percorso a tappe forzate, che lega il destino di Inter e Milan a una complessa operazione immobiliare.
Il nuovo San Siro non è solo una questione sportiva. C’è in gioco anche la candidatura di Milano agli Europei del 2032, che l’Italia ospiterà insieme alla Turchia. L’assessora allo Sport Martina Riva ha ricordato che l’attuale impianto è carente sotto quasi tutti i parametri Uefa: sostenibilità, accessibilità, sicurezza. “Metà dei prerequisiti non sono rispettati”, ha dichiarato.
Ma la vera partita politica si sposta ora in consiglio comunale. Qui i numeri non sono affatto blindati. La maggioranza di centrosinistra dispone di 32 voti, sindaco compreso, ma almeno cinque consiglieri si dichiarano da sempre contrari: i tre Verdi Gorini, Cucchiara e Monguzzi, l’indipendente Fedrighini e il dem Giungi. Altri nomi nel Pd, come Pantaleo, Turco e Vasile, hanno espresso dubbi, così come Marco Fumagalli della Lista Sala. A conti fatti, la soglia dei 25 voti necessari in prima convocazione potrebbe non essere raggiunta.
Decisiva sarà la posizione del centrodestra. I suoi 17 consiglieri potrebbero scegliere la linea dura e votare compattamente contro, oppure non presentarsi, facendo saltare il numero legale. Un’astensione strategica, invece, lascerebbe campo libero all’approvazione in seconda convocazione, dove basterebbe la maggioranza dei presenti. Uno scenario che i club guardano con attenzione, consapevoli che l’equilibrio della delibera non consente emendamenti.
La clausola di “earn out” aggiunge un ulteriore elemento politico ed economico. Se Inter e Milan, entro cinque anni, rivendessero le aree destinate alle funzioni accessorie, dovrebbero riconoscere al Comune una quota della plusvalenza, dal 50 al 15% a seconda del momento della cessione. Nei primi cinque anni il Comune avrà inoltre diritto di prelazione. Una tutela che prova a blindare l’operazione da speculazioni, ma che non placa le critiche.
Il Meazza, tempio del calcio mondiale, è quindi al centro di un passaggio storico. La giunta ha acceso la miccia, ma il vero verdetto spetta al consiglio comunale. E lì, tra franchi tiratori, alleati incerti e opposizioni tattiche, tutto può ancora succedere.