La voce si è incrinata dopo poche parole. Poi, davanti ai giudici, le lacrime. «Ha abusato anche di me. Mi è bastato sentire il modo in cui Marta raccontava ciò che le era successo per capire cosa fosse accaduto in quella stanza. È la sua firma, lo ha fatto anche con me».
Un’aula del tribunale di Roma, mercoledì mattina. Il processo per violenza sessuale contro Stefano B., ex produttore della trasmissione “Forum”, prende una piega inattesa. Una testimone, chiamata a riferire come ex collega della presunta vittima, si interrompe e confessa di essere stata a sua volta molestata dallo stesso uomo.
L’imputato, all’epoca amministratore di una società che produceva il programma, è accusato di aver stuprato una giovane giornalista durante un colloquio di lavoro. Il racconto di quella donna — che nei documenti giudiziari è indicata solo con il nome di fantasia “Marta” — parla di un incontro che si trasformò in un incubo: «Con la scusa di complimentarsi per la sua forma fisica — si legge negli atti — le toccava l’addome, poi, avvicinatosi, le cingeva i fianchi e tentava di baciarla. Quando lei cercò di divincolarsi, la tirò a sé e la baciò con la forza».
L’uomo, difeso dall’avvocato Nicola Madia, nega ogni accusa. Ma la deposizione della nuova testimone, assistita dal legale Alessio Pica, ha scosso la corte. «Faceva a me le stesse avances che faceva a lei. Ti prende per il bacino, ti attacca a sé, ti mette le labbra sulla bocca e prova a infilarti la lingua. Questo fa lui».
La donna ha raccontato di essere stata molestata mentre era incinta: «Un giorno mi convocò nel suo ufficio, stavo creando le squadre per i casting. Mi girai e lo vidi che si sbottonava. Mi disse: “Come vuoi finire? Per bocca o per mano?”».
Una frase agghiacciante, seguita dal silenzio gelido dell’aula.
Secondo quanto riferito in aula, la testimone avrebbe consegnato ai carabinieri alcune registrazioni audio in cui l’uomo, a suo dire, ammetteva i comportamenti denunciati. Nelle settimane successive, le sue parole saranno trascritte e messe a confronto con il materiale agli atti.
Ma oltre al racconto, in tribunale è emersa anche la descrizione di un clima lavorativo torbido, quasi surreale, nei corridoi di una delle trasmissioni più popolari di Mediaset. «In riunione volavano vibratori — ha detto la donna —. Venivano messi nel sedere degli autori, ho anche le foto. Era un ambiente senza limiti, dove le battute a sfondo sessuale erano continue. Nessuno interveniva, nessuno diceva nulla. Lui era il capo, lo chiamavano “l’onnipotente”. Tutti gli stavano intorno, tutti ridevano».
Un contesto definito “poco professionale” anche da altri testimoni ascoltati nei mesi scorsi, che hanno descritto un produttore potente, temuto e al centro di dinamiche interne difficili da contestare. «Era una figura di riferimento — ha detto una ex dipendente —, ma anche un uomo che sapeva come mettere a disagio le donne».
Durante la stessa udienza, la testimone ha anche accusato l’imputato di aver tentato di screditare la giornalista che lo aveva denunciato, definendola «una bugiarda che prende psicofarmaci». «Sembrava — ha aggiunto — che stesse mettendo le mani avanti, come se sapesse che presto qualcosa sarebbe venuto fuori».
Non è la prima volta che questa donna entra in conflitto con il produttore. In passato, infatti, era già stata denunciata per diffamazione dallo stesso uomo. Una prima causa è stata archiviata, la seconda è ancora alle fasi iniziali. Ora però la sua testimonianza riapre scenari pesanti: il rischio, per l’imputato, è che il processo si allarghi con nuove indagini su fatti diversi.
Dietro la patina di uno dei format più longevi e seguiti della televisione italiana, il processo racconta un dietro le quinte inquietante, fatto di silenzi, paure e complicità. Nessuno, almeno ufficialmente, avrebbe mai denunciato prima comportamenti simili. Eppure in aula si torna a parlare di ambienti dove le pressioni erano la norma e dove, secondo più di una testimone, il potere di un singolo uomo si esercitava anche sul corpo delle donne.
«Ho taciuto per anni — ha concluso la testimone — perché avevo paura di perdere il lavoro. Ma oggi non voglio più avere paura».
Il tribunale tornerà a riunirsi nelle prossime settimane. L’imputato continua a proclamarsi innocente, parlando di «accuse infondate» e di «una campagna diffamatoria». Ma il processo è ancora lungo e, dopo questa deposizione, la domanda rimbalza fuori dalle aule: possibile che, in uno studio televisivo pieno di gente, nessuno si sia accorto di nulla?







