Da quando ha dato l’ultima risposta corretta ed è entrata nel ristrettissimo circolo dei vincitori di “Chi vuol essere milionario – Il torneo”, per Vittoria Licari la vita ha cambiato ritmo. Non solo perché parliamo di un traguardo rarissimo – nell’arco delle 1692 puntate del quiz condotto da Gerry Scotti, solo in cinque hanno conquistato il milione – ma perché, da quel momento, il telefono «non fa che squillare». E lei, 69enne milanese con un passato da insegnante nei Conservatori e un presente da docente alla scuola Teatri Possibili, è finita improvvisamente dall’altra parte: da professoressa riconosciuta in aula a volto riconosciuto per strada.
La chiamata più bella, racconta, non è stata quella di un perfetto sconosciuto. «La chiamata che mi ha fatto più piacere è stata quella di una mia ex allieva che vive in Svizzera e si è imbattuta per caso nella trasmissione: mi ha detto “Sono fiera di lei”. È una frase che di solito i docenti rivolgono agli studenti, non credo sia molto comune che avvenga il contrario». Un’altra, dice, le ha fatto un complimento che pesa più di qualsiasi applauso: «Mi ha garantito di non aver mai avuto alcun dubbio sulla mia preparazione, perché “l’aveva già ampiamente dimostrata in aula”. È stato decisamente gratificante».
Dietro la vincita, però, non c’è solo il gusto della sfida. C’è una ragione più concreta, e più dura. Licari spiega di aver scelto quel programma «perché è meritocratico. Certo, una piccola componente di fortuna c’è, ma molto è legato alla preparazione e alle competenze». E aggiunge una frase che sembra scritta apposta per i tempi in cui l’esperienza viene spesso archiviata come un difetto: «Infatti credo che la mia età mi abbia aiutato: so cose che i più giovani semplicemente non conoscono». Non è mai stata una fan “sfegatata” del quiz, «mi era capitato di guardarla giusto qualche volta», ma confessa un’origine precisa di questa passione: «Da bambina andavo matta per “Rischiatutto”. Penso che il mio amore per i quiz televisivi sia nato lì». E c’è anche un rifiuto netto, quasi caratteriale, verso certi format: «Non sarei mai andata a uno di quei giochi in cui bisogna indovinare quanti ceci ci sono in un sacco o altre trovate simili».
La verità, però, arriva senza filtri e senza retorica: «Avevo bisogno di soldi. Io non sono più una ragazzina, ma mio marito è molto più anziano di me. Soffre di demenza senile e non parla più, quindi ha bisogno di un’assistenza continua in modo che la vita in casa sia sostenibile per tutti. Tutto questo ovviamente ha un costo non indifferente». La vincita, dice, le ha tolto un peso che non si vede ma che schiaccia ogni giorno: «Ora sono molto più tranquilla sotto il profilo economico, soprattutto per lui. E poi ho potuto pianificare dei lavori in casa che non erano più rimandabili».
Prima di arrivare negli studi di Canale 5, però, il percorso è stato meno “televisivo” di quanto si creda e più simile a un esame serio: «Prima telefonica, poi scritta e infine in video, volta a verificare la tenuta dei potenziali concorrenti di fronte alla telecamera». Lei non si è fatta intimidire, anche perché con le telecamere aveva già avuto a che fare: «Ho avuto modo di fare pratica con il mondo della televisione perché prima di diventare insegnante sono stata per otto anni consulente musicale in Rai. Quando veniva ripreso un concerto o un’opera lirica, davo al regista indicazioni sugli stacchi giusti. Ero un’intermediaria tecnica, fondamentale perché chi è esperto di regia non per forza se ne intende di musica». Poi la cattedra e l’arte scenica, «cioè recitazione per cantanti lirici», e anche il canto, grazie a una specializzazione in Pedagogia vocale.
Il suo curriculum è una mappa di Conservatori: Matera, «solo per un anno, circa 30 anni fa, ma mi sono trovata benissimo», poi quindici anni a Mantova e otto a Brescia. «Quando è arrivato il momento in cui mi sarei potuta trasferire al Conservatorio di Milano, sono andata in pensione», racconta. Pensione, però, non significa stop: «Però questo non significa che abbia smesso di lavorare. Non ho intenzione di farlo nemmeno adesso, nonostante i soldi della vincita: amo la musica e l’insegnamento, non potrei mai farne a meno. E poi lavorare mi aiuta a mantenere la mente allenata e giovane». Semmai, la differenza sarà un’altra: più respiro e più libertà di scegliere. «La maggior serenità economica mi consentirà di potermi prendere dei momenti di pausa e anche di scegliere bene gli allievi», dice, tra scuola di teatro e lezioni private di canto.
E infatti qualcosa, finalmente, se lo regala: a gennaio «una settimana alle terme», «ne ho proprio bisogno». A maggio un viaggio a Berlino con gli amici della Fondazione Milano per la Scala: «Assisteremo a un concerto dei Berliner Philharmoniker e nel frattempo avrò l’opportunità di visitare una città in cui non sono mai stata. Non vedo l’ora». La musica, in casa sua, non è un lavoro: è un modo di stare al mondo. È giornalista pubblicista e pubblica recensioni su Facebook con “La terza pagina di Vittoria Licari”. E anche l’amica che l’ha accompagnata a “Chi vuol essere milionario”, aiutandola su una domanda, arriva dallo stesso universo: «Facciamo entrambe parte dell’associazione Amici del Loggione del Teatro alla Scala».
Resta un ultimo dettaglio, quello che spesso la televisione addolcisce e la realtà ricorda: il milione “pieno” non è mai un milione in tasca. «In realtà ho vinto 750mila euro, perché circa 200mila se ne sono andati con l’Iva e ho dovuto riconoscere una percentuale all’azienda che produce i gettoni d’oro della vincita». Lei ha scelto di convertirli in euro e racconta anche l’ultimo passaggio, quasi surreale: «Per legge loro hanno dovuto distruggere i gettoni, che erano stati prodotti appositamente per me». E poi la frase che chiude tutto, senza rimpianti né pose: «Ma va benissimo lo stesso. Quest’avventura è stata decisamente positiva».







