Un uomo che si sa osservato da tutti, ma che davanti alle telecamere insiste nel rivendicare la propria innocenza. Andrea Sempio, unico indagato nella nuova inchiesta della Procura di Pavia sul delitto di Garlasco, ha scelto lo studio di “10 Minuti”, il programma di Rete4 condotto in questi giorni da Alessandro Sallusti, per raccontare come sta vivendo l’ombra di un’accusa che non sente sua. «L’idea che Alberto Stasi possa essere in galera da innocente stimola delle riflessioni. Mi chiedo: “E se succedesse anche a me?”», dice nel corso della lunga intervista, mettendo subito al centro il confronto con la storia dell’ex fidanzato di Chiara Poggi, condannato in via definitiva a 16 anni per la morte della fidanzata.
«Non ho ucciso io Chiara Poggi», ribadisce Sempio, oggi trentasettenne, amico storico di Marco, il fratello della vittima. Chiara aveva 26 anni quando venne uccisa nella sua casa di Garlasco, il 13 agosto 2007, un delitto che da allora continua a muovere inchieste, perizie, ricorsi e nuove piste investigative. Nell’intervista l’indagato ricorda il legame con la famiglia Poggi e in particolare con Marco: «Marco è ancora un mio amico, non ci stiamo vedendo per via della situazione. Sarebbe un disastro, per dire, uscire a cena io e lui». Una frase che restituisce la difficoltà di conciliare affetti antichi e un procedimento giudiziario che lo pone al centro dell’attenzione come possibile responsabile di quella morte.
Sempio racconta anche il peso della esposizione mediatica di queste settimane. «Purtroppo tutti i giorni escono notizie o qualcuno scrive su Internet, qualcuno ci manda lettere dove ci sono insulti, minacce, abbiamo il nostro plotone di giornalisti sempre davanti a casa», spiega, descrivendo una quotidianità fatta di occhi puntati addosso e di ostilità che arriva dalla rete e dalla posta. Una pressione che coinvolge l’intera famiglia: «Passerò il Natale con loro, cercheremo di farlo nel migliore modo possibile, anche se non si riesce tanto a distogliere la testa dal fatto che hai sempre questa tegola dietro». La festa, nelle sue parole, diventa una parentesi fragile, che non riesce a cancellare la consapevolezza di essere al centro di un’inchiesta per omicidio.
Nel ribadire la propria estraneità al delitto, Sempio torna anche su uno degli elementi che hanno fatto più discutere negli ultimi mesi: la frase «ho fatto cose inimmaginabili» annotata in un suo appunto personale. Una riga che ha alimentato sospetti e interpretazioni, ma che lui ridimensiona con decisione: «Era nel senso che era stata una giornata di caos», chiarisce davanti alle telecamere. Nessuna confessione mascherata, sostiene, ma lo sfogo scritto di un momento di confusione e stress. Alla domanda se abbia paura, esita: «È una parola forte», premette, ma poi aggiunge che «non è tranquillo», lasciando emergere una inquietudine costante, diversa però, nelle sue intenzioni, dal riconoscere una colpa.
Mentre l’unico indagato della nuova inchiesta prova a difendersi anche nel difficile spazio mediatico, sul fronte tecnico-giudiziario si consuma un altro braccio di ferro, quello sulla perizia genetica che ha segnato il processo “bis” sul delitto di Garlasco. Nelle scorse settimane, infatti, è emerso il verbale manoscritto dell’11 settembre 2014 in cui il professor Francesco De Stefano, genetista nominato dalla Corte d’Assise d’Appello, faceva riferimento a due tracce che mostravano un Dna comparabile. Un documento che, secondo la difesa di Stasi, non sarebbe stato presente tra gli atti all’epoca e che sarebbe stato ritrovato solo ora dalla genetista Albani, scelta dalla gip Daniela Garlaschelli per l’incidente probatorio della nuova inchiesta. Per i legali dell’ex fidanzato di Chiara si tratterebbe di un elemento «grave», perché il perito in seguito ha parlato di Dna degradato e non comparabile, mentre a loro giudizio la presenza di tracce di Alberto avrebbe dovuto essere esclusa già allora.
È proprio De Stefano, già ordinario di Medicina legale all’Università di Genova e presidente dei genetisti forensi, a intervenire per respingere quella che definisce una lettura fuorviante del suo lavoro. «Non c’è nessun giallo, non c’è nessun mistero», afferma, sottolineando che non esiste alcun “appunto scomparso” e che tutti gli appunti della perizia del 2014 sono stati consegnati alla dottoressa Albani. A suo avviso, le contestazioni di queste settimane hanno avuto come unico effetto quello di mettere in discussione il suo operato per screditarne le conclusioni. Per questo ha dato mandato al proprio legale, l’avvocato Patrizio Rovelli, di tutelarlo in ogni sede, anche penale, a difesa della sua onorabilità professionale e della sua immagine pubblica.
Nel frattempo il fascicolo sul delitto di Garlasco rimane nelle mani della Procura di Pavia, che dovrà valutare gli esiti dell’incidente probatorio, gli approfondimenti richiesti e la posizione di Sempio, indicato come unico imputato nella nuova inchiesta. L’uomo racconta di voler continuare a condurre, per quanto possibile, una vita normale, ma ammette che non è semplice ignorare il peso delle notizie, delle lettere minatorie e della presenza costante di cronisti davanti alla sua abitazione. Anche la scelta di parlare in televisione risponde alla necessità di far arrivare la sua versione, senza però rompere del tutto l’equilibrio delicato che ancora lo lega alla famiglia Poggi.
Resta sullo sfondo il parallelo con la vicenda giudiziaria di Alberto Stasi, che Sempio richiama apertamente come termine di confronto e come timore personale. L’idea che una persona possa scontare una condanna pesantissima proclamandosi innocente, ammette, lo porta inevitabilmente a chiedersi quale potrà essere il proprio destino. Le prossime mosse della Procura e le valutazioni dei giudici diranno se la nuova inchiesta porterà a un approdo diverso nella lunga storia processuale del delitto di Garlasco, mentre per l’indagato l’obiettivo immediato resta quello di affrontare il Natale con la famiglia «nel migliore modo possibile», pur sapendo che, come ripete, «hai sempre questa tegola dietro».







