La comunicazione che arriva dalle mail del perito Denise Albani non è un semplice aggiornamento procedurale. È un documento che modifica il baricentro dell’indagine sul delitto di Garlasco, spostando l’attenzione su un elemento rimasto per anni ai limiti dell’irrilevante: l’aplotipo Y rinvenuto nel 2007 su due unghie di Chiara Poggi. Quelle tracce, catalogate come mdx5 e msx1, vengono ora definite dalla genetista della polizia scientifica come pienamente compatibili con la linea paterna di Andrea Sempio. L’effetto, sul piano giudiziario, è quello di un cambio di paradigma. Non è un indizio aggiuntivo, ma una struttura che costringe a riorganizzare la lettura complessiva del caso.
La perizia definitiva verrà depositata a dicembre e discussa davanti alla gip di Pavia il 18, ma i contenuti anticipati da Albani hanno già acquisito peso. In passato, la compatibilità con Sempio era stata solo ipotizzata, con margini di probabilità che variavano sensibilmente a seconda dei database utilizzati. I consulenti nominati dalla Procura nel 2024, Ugo Ricci e Lutz Röwer, avevano indicato che la corrispondenza tra il profilo rinvenuto e quello dell’indagato fosse tra “476 e 2.153 volte più probabile” rispetto a un contributo casuale. Ora, secondo Albani, l’elemento statistico si combina con la rivalutazione tecnica delle prime analisi. Il risultato è una conferma più solida e meno esposta alle obiezioni che in passato avevano portato a scartare quel profilo.
La Corte d’Appello bis che condannò Alberto Stasi si era affidata al parere del genetista Francesco De Stefano, il quale definì quel Dna “non consolidato”. Lo scetticismo, all’epoca, trovò seguito anche nella richiesta di archiviazione per Sempio del 2017, firmata dal procuratore aggiunto Mario Venditti. Albani, invece, ha ripercorso le fasi tecniche di quelle analisi e ha evidenziato che i campioni fossero effettivamente non omogenei, ma sufficienti a produrre un aplotipo parziale “con dodici marcatori interpretabili”. Il punto decisivo, spiegato in tribunale, riguarda la modalità con cui le tracce devono essere trattate quando non è possibile ottenere profili più completi: «Quello che, ovviamente, si può fare è considerare il profilo one shot», ha dichiarato la genetista, sottolineando che un frammento parziale non equivale automaticamente a un dato inattendibile.
Il tema centrale diventa però un altro. L’aplotipo Y non identifica una persona singola, perché riguarda l’intera linea maschile. Questo significa che il contributo potrebbe teoricamente appartenere a qualunque parente maschio di Sempio. Ma nella realtà investigativa, osserva Albani, il campo si restringe immediatamente. Avere una traccia genetica che rimanda a quel ramo familiare sulle unghie di Chiara Poggi implica che non si possa più ignorare la presenza di un contributo biologico estraneo ai soggetti che frequentavano quotidianamente la vittima. Non c’è un legame certo con il gesto violento, ma c’è un legame certo con un’identità familiare precisa. E questa circostanza, per un’indagine che per anni ha escluso la presenza di terzi, costituisce un nodo che non può essere eluso.
Da qui si sviluppa la nuova dialettica tra accusa e difesa. Gli avvocati di Stasi, sin dal 2016, sostengono che quella traccia fosse un elemento decisivo e che la sua sottovalutazione abbia condizionato il processo. La nuova perizia sembra avvalorare quella lettura. Di contro, la difesa di Sempio — rappresentata da Angela Taccia e Liborio Cataliotti — lavora per dimostrare che il contatto possa essere avvenuto in un momento antecedente e in modo indiretto. Nell’ultimo incontro nei laboratori di Genomica a Roma, con i consulenti Claudio Palmegiani e Marina Baldi, è stato elaborato un elenco di possibili superfici che l’indagato avrebbe potuto toccare nei giorni precedenti: la tastiera del computer, il telecomando, il corrimano delle scale. Elementi di vita quotidiana, legati alla sua frequentazione della casa dei Poggi.
Ma questa ricostruzione si scontra con un interrogativo che gli inquirenti considerano cruciale. Se il trasferimento fosse davvero avvenuto tramite oggetti comuni, perché l’unica traccia maschile rilevata sulle unghie di Chiara sarebbe quella riconducibile a Sempio? Perché non compaiono profili dei familiari, del fratello Marco, della madre, del padre, o del fidanzato Alberto Stasi? È l’obiezione che la Procura pone come linea di demarcazione: la presenza del Dna non è automaticamente un segno di responsabilità, ma la sua esclusività, in quel punto specifico, richiede una spiegazione che non può limitarsi alla possibilità del trasferimento indiretto.
La nuova perizia non riscrive la dinamica dell’omicidio. Non indica un colpevole. Ma stabilisce un contenuto tecnico che da ora in avanti diventa parte integrante dell’indagine. È un passaggio che obbliga a prendere in considerazione uno scenario rimasto sempre sullo sfondo: quello in cui la traccia genetica, pur incompleta, abbia un valore superiore a quanto ritenuto in passato. La discussione fissata per il 18 dicembre avrà il compito di definire quanto questo dato possa incidere nella ricostruzione giudiziaria. Non offrirà una verità definitiva, ma renderà chiaro quali elementi scientifici possono essere utilizzati e quali non lo sono. E da quel momento, qualunque percorso investigativo dovrà necessariamente partire dalla presenza di quel frammento genetico sotto le unghie di Chiara Poggi, un dettaglio che, dopo anni, torna ora al centro dell’intera vicenda.







