Nelle carte dell’inchiesta, la notte del 26 maggio 2023 è descritta minuto per minuto. A colpire non è soltanto l’accusa formale di abbandono di minore che oggi lambisce non solo Francesco Totti ma anche la compagna Noemi Bocchi e perfino la tata. A colpire è soprattutto il vuoto materiale, fisico, di quella casa per oltre tre ore. Un attico disposto su due piani, scale interne, terrazzi, porte aperte su ogni ambiente: e tre bambini dentro, senza un adulto che potesse intervenire nell’immediato. È su questi elementi che si misura la distanza, profonda, fra la ricostruzione della procura di Roma e quella degli avvocati di Ilary Blasi.
Secondo il pm, quella sera non si verificò un pericolo concreto per la salute o l’incolumità dei minori. Per gli avvocati dell’ex moglie, invece, il rischio era evidente e documentato: tanto da richiedere l’intervento urgente della polizia e da trasformarsi oggi in un caso giudiziario con potenziali conseguenze penali.
La ricostruzione parte da un dettaglio apparentemente banale: una telefonata. Blasi, lontana da Roma, chiama la figlia più piccola, che quella sera era affidata al padre. Una conversazione normale, almeno in apparenza, fino a quando la bambina pronuncia poche parole che la mettono in allarme: è sola. Nessun adulto in casa. Blasi si spaventa, avverte l’ex compagno e poi la madre. È quest’ultima, alle 22:56, a rivolgersi al numero di emergenza chiedendo un immediato accertamento, specificando che la nipote in passato aveva avuto un episodio respiratorio serio. La chiamata viene registrata. L’intervento pure.
La volante arriva sotto il palazzo alle 23:20. Gli agenti annotano di non salire subito e di attendere rinforzi, in particolare personale femminile. Una scelta che oggi, alla luce di quanto sarebbe emerso più tardi, appare difficile da spiegare. È in quei venti minuti che parte una catena parallela di telefonate: il dirigente di polizia Massimo Improta conversa con figure vicine al mondo giallorosso e la notizia dell’arrivo della volante raggiunge Totti, che sta cenando a pochi chilometri di distanza. Il rientro, tuttavia, avverrà non subito, ma dopo quasi mezz’ora.
A quel punto, nell’attico, la situazione resta ferma. Nessuno entra. Nessuno verifica. Nessuno controlla cosa stia realmente accadendo dentro l’appartamento dove, secondo la denuncia, c’erano tre bambini non ancora adolescenti. Solo alle 23:50 arriva Cristian, 17 anni: gli agenti lo identificano nel piazzale e gli permettono di salire da solo, senza accompagnarlo. Anche questo episodio viene evidenziato dagli avvocati dell’ex moglie, che sottolineano come anche quel momento rappresenti un mancato controllo diretto sullo stato effettivo dei minori.
La tata arriva alle 23:57. Dirà di essere stata “sempre presente”, dalle 21 in poi. Non è quello che raccontano i tabulati. Non è quello che emerge da filmati e testimonianze. Secondo la procura, quella versione è stata costruita a posteriori, in accordo con l’ex calciatore, per giustificare l’assenza. Quando Totti entrerà nell’appartamento insieme alla polizia, attorno alla mezzanotte, la donna risulterà già presente. E riferirà una sorveglianza costante, che le verifiche successive smentiscono con nettezza.
A questo si aggiunge un ulteriore elemento emerso nell’opposizione all’archiviazione: alcuni video realizzati in diretta dalla stessa Blasi, in collegamento con la figlia, in cui la bambina appare da sola e visibilmente spaesata in una casa enorme, dotata di scale interne, terrazzi e accesso a ogni ambiente. Quelle immagini, sostengono i legali, contraddicono radicalmente la tesi secondo cui la minore non sarebbe stata esposta ad alcun rischio.
La procura, però, insiste: nessun danno si è verificato, e la presenza della tata nello stesso palazzo garantiva comunque un margine di sicurezza. Blasi ribatte: nessun incarico formale, nessun controllo reale, nessuna vigilanza effettiva fino alle 23:57. Tra queste due prospettive si colloca oggi la decisione del giudice.
Nel frattempo, il caso è diventato una specie di spartiacque. Non solo fra due ex coniugi che hanno iniziato da tempo una battaglia legale complessa e dolorosa. Ma anche fra due diverse idee di responsabilità genitoriale. Due visioni opposte del concetto di pericolo. Due letture inconciliabili della stessa sera.
Il primo dicembre il giudice deciderà se archiviare o procedere oltre. Sarà quella la linea di confine: o un fascicolo che si chiude, o un processo che si apre. In ogni caso, resterà una sensazione diffusa. E cioè che l’assenza — fisica e simbolica — di quella notte pesi ancora oggi sulle vite di tutti.







