Un inseguimento per strada, alcune domande incalzanti, un uomo che prova a scappare e poi, all’improvviso, un pugno. È questa la sequenza andata in onda ieri a Lo stato delle cose, su Rai3, con Massimo Giletti protagonista suo malgrado. Il conduttore è stato aggredito a Roma mentre tentava di intervistare un presunto ex appartenente ai servizi segreti legato al caso Emanuela Orlandi. Una scena breve, concitata, destinata però a far discutere molto.
Nelle immagini, riprese a distanza, si vedono le sagome di Giletti e dell’uomo che il giornalista sta cercando di fermare per rivolgergli alcune domande. L’ex 007 prova inizialmente a divincolarsi, poi, dopo l’ennesimo tentativo del conduttore di strappargli una risposta, perde la calma e reagisce colpendolo con un pugno. Il colpo, a quanto si vede, non appare particolarmente violento: Giletti resta in piedi e reagisce subito, urlando a voce alta: «Ma le pare il modo, ma sta scherzando, ma si rende conto?». Una reazione che restituisce tutta la sorpresa e l’indignazione del momento.
L’uomo inseguito dal conduttore non è uno sconosciuto. Si tratta infatti di un ex esponente del Sisde, ascoltato in Commissione Orlandi solo pochi giorni prima, giovedì scorso. L’aggressione è avvenuta mentre il giornalista cercava di rivolgergli alcune domande proprio in relazione al ruolo che ebbero i servizi segreti nella vicenda della cittadina vaticana scomparsa nel 1983.
Come era stato raccontato già nella puntata precedente, qualcuno aveva avvisato Mario Meneguzzi, zio di Emanuela Orlandi, che era pedinato. Quella persona apparteneva ai servizi segreti e si chiamava Giulio Gangi, oggi deceduto. In coppia con lui lavorava proprio l’uomo che Giletti ha rincorso per strada e che poi ha reagito con l’aggressione. È su questo passaggio delicatissimo della storia che il conduttore ha deciso di tornare, andando a cercare direttamente uno dei protagonisti rimasti finora ai margini del racconto pubblico.
Le domande di Giletti riguardavano il perché di quell’avvertimento a Meneguzzi, il contesto in cui maturò e il senso di un pedinamento che, ancora oggi, resta uno degli elementi più inquietanti dell’intera vicenda Orlandi. Dopo diversi tentativi di sottrarsi al confronto, l’ex agente ha perso la testa. Il pugno è arrivato come un gesto improvviso, scomposto, quasi istintivo. Un gesto che, paradossalmente, invece di chiudere la scena, l’ha resa ancora più forte.
Dal punto di vista fisico le conseguenze non sono state gravi, ma l’episodio ha un peso simbolico enorme. Un giornalista viene colpito mentre sta ponendo domande su uno dei misteri più dolorosi e irrisolti della storia italiana, e l’aggressore è un ex appartenente agli apparati dello Stato. Un cortocircuito che racconta molto del nervosismo ancora vivo attorno a questa vicenda, nonostante siano trascorsi più di quarant’anni.
Giletti, dal canto suo, ha voluto chiarire che quanto accaduto non lo ha fatto arretrare di un passo. Ha spiegato che non ha perso «la voglia di fare il giornalista di strada», pur sottolineando di essere consapevole «di tutti i rischi del caso». Una frase che restituisce perfettamente il senso del suo modo di raccontare le inchieste: cercando il confronto diretto, mettendoci la faccia, accettando anche reazioni imprevedibili.
L’episodio arriva in un momento in cui il caso Orlandi è tornato al centro del dibattito pubblico, anche grazie ai lavori della Commissione parlamentare. Ogni testimonianza, ogni audizione, ogni nuovo dettaglio finisce sotto la lente. L’aggressione subita da Giletti aggiunge un ulteriore livello di tensione a una storia che continua a intrecciare servizi segreti, avvertimenti, pedinamenti e silenzi.
Colpisce anche la dinamica quasi surreale dell’episodio: un presunto ex uomo dei servizi segreti che reagisce in modo goffo e sproporzionato a una domanda, un pugno che non mette al tappeto il conduttore, ma che basta a trasformare un tentativo di intervista in una scena da prima serata. Un gesto che, invece di allontanare l’attenzione, la moltiplica.
Quella che è andata in onda non sarà soltanto la ricostruzione di un’aggressione, ma anche un nuovo capitolo di un’inchiesta televisiva che continua a muoversi su un terreno delicatissimo. Una manciata di secondi ripresi in strada, un pugno che diventa un simbolo, una domanda che resta sospesa. Nel racconto della scomparsa di Emanuela Orlandi, anche gli scatti d’ira improvvisi finiscono per diventare parte di un mosaico ancora incompleto.







