Una mattina qualunque, in uno dei luoghi simbolo della Milano che corre, lavora e si specchia nel vetro delle sue torri. È invece poco dopo le nove che la quotidianità di piazza Gae Aulenti viene squarciata da un urlo, da una voce che chiede aiuto: «Mi hanno accoltellata». Una donna di 43 anni, dipendente di Finlombarda, si accascia con un coltello da cucina lungo circa trenta centimetri piantato nel fianco sinistro. Sangue, panico, passanti increduli. E quella lama che resta lì, fredda e netta, a testimoniare la violenza improvvisa.
La donna stava raggiungendo l’ufficio. Era scesa alla fermata Gioia della linea Verde della metropolitana, aveva attraversato i vialetti della Biblioteca degli alberi e si stava avvicinando ai grattacieli quando, senza preavviso, è stata colpita alle spalle. Nessuna parola, nessuna minaccia, nessun segnale. Solo la lama che affonda e l’aggressore che scompare. Lei resta in piedi qualche istante, poi chiama aiuto. Arrivano i primi soccorsi, il personale Areu del 118, i carabinieri del Nucleo radiomobile. Quando gli uomini in divisa la raggiungono, lei è lucida, respira, parla. La frase si ripete: «Mi hanno accoltellata». Ma non indica un volto, non riconosce chi le sia passato dietro un attimo prima.
L’intervento sanitario è immediato. Ambulanza e automedica, manovre urgenti per stabilizzarla, ossigeno, monitoraggio continuo. La lama ha lesionato polmone e milza. Il trasporto in codice rosso all’ospedale Niguarda è rapido, il percorso preallertato. In pronto soccorso la paziente resta cosciente, poi viene accompagnata in sala operatoria per fermare le emorragie e valutare i danni interni. La prognosi è riservata, la situazione definita grave ma con parametri stabili nelle prime ore.
Intorno, nella piazza scintillante simbolo del nuovo centro direzionale milanese, la scena dell’aggressione viene isolata. Nastro bianco e rosso, carabinieri che delimitano l’area in un piccolo spiazzo tra i palazzi, vicino a un parcheggio per biciclette. Tre telecamere puntano quell’angolo, altre guardano i vialetti che portano dalla metropolitana ai palazzi di vetro. Gli investigatori iniziano a recuperare le immagini, a ricostruire la traiettoria della vittima, a verificare chi l’abbia incrociata nel percorso. È ancora presto per parlare di pista consolidata, ma la dinamica appare secca: un attacco improvviso, da dietro, con un’arma portata con sé e poi lasciata conficcata nel corpo.
Non è escluso che la donna e l’aggressore si siano incrociati lungo i camminamenti alberati. Un gesto isolato? Un attacco mirato? Un raptus? Per ora gli investigatori non avanzano ipotesi. L’unico elemento è la fuga immediata di chi ha colpito e la totale assenza di segni premonitori. Nessuna denuncia precedente, nessuna minaccia nota. Una ferocia muta, che colpisce nel cuore della Milano finanziaria in pieno giorno.
Il marito, avvisato dalle forze dell’ordine, arriva pochi minuti dopo, pedalando, ancora incredulo. Non trova la moglie a terra — è già sull’ambulanza — ma la scena resta impressa: sirene, uniformi, la folla che osserva con la tensione sospesa tipica delle grandi città quando il perimetro della normalità si incrina.
L’inchiesta ora passa alle immagini e alle testimonianze. Chi era in quella piazza, chi stava entrando in ufficio, chi correva verso la metro o portava un bambino a scuola potrebbe aver visto un dettaglio utile. Ogni fotogramma delle telecamere viene analizzato per individuare movimenti anomali, un volto, un cappuccio, una corsa improvvisa. Niente viene escluso. La donna, riferiscono fonti sanitarie, una volta stabilizzata potrà fornire ulteriori elementi, ma al momento non ricorda un volto né una voce.
A Gae Aulenti, poche ore dopo, tornano il via vai di colletti bianchi, studenti, turisti, biciclette e monopattini. Le vetrine risplendono identiche, i bar servono caffè, i laptop si riaprono sulle terrazze. Ma l’immagine è incrinata. La città che corre si ferma un istante, prende atto che anche in piena luce, in un luogo iconico e densamente sorvegliato, la violenza può arrivare silenziosa, alle spalle, senza un motivo apparente. E lascia una domanda sospesa nell’aria, tra vetro e acciaio: quanto conosciamo davvero chi cammina accanto a noi, ogni mattina, nella folla che affolla i marciapiedi?







