Palazzopoli, cade il teorema della corruzione: per il Riesame nessuna prova contro Catella e Scandurra

Tra politica, professionisti e grandi interessi immobiliari, il Tribunale del Riesame smonta uno dei capisaldi dell’accusa: nessuna prova di corruzione tra Manfredi Catella, amministratore delegato di Coima, e Alessandro Scandurra, architetto di fama e membro della Commissione Paesaggio del Comune di Milano.

Il collegio dei giudici, con un provvedimento depositato a fine agosto, ha annullato la misura dei domiciliari per Catella, accusato di aver affidato a Scandurra incarichi professionali in cambio di un atteggiamento favorevole nella valutazione di progetti urbanistici. “Gli atti – si legge – non hanno dimostrato la sussistenza di un accordo corruttivo, né la prova che l’architetto abbia abusato della propria funzione pubblica per agevolare Coima”.

Una formula che vale, di fatto, come una smentita dell’intero impianto accusatorio. I giudici precisano che gli incarichi conferiti da Coima allo studio Scandurra erano remunerazioni legittime, compatibili con la normale attività professionale dell’architetto. Nessuna traccia, dicono, di fatture false o gonfiate, nessun riscontro di interventi indebiti nella Commissione.

Il caso riguardava il progetto di rigenerazione dell’ex edificio regionale, il cosiddetto “Pirellino”, un’operazione urbanistica complessa che aveva già acceso polemiche per la rapidità delle autorizzazioni. L’accusa sosteneva che Catella avesse ottenuto semplificazioni e pareri favorevoli in cambio di consulenze. Ma il Riesame capovolge la prospettiva: “Non sussistono concrete evidenze che gli incarichi siano stati affidati in ragione della funzione pubblica e non per l’attività di libero professionista”.

Più dura ancora è la censura rivolta al metodo investigativo. Nel dispositivo, il Tribunale scrive che il gip avrebbe costruito il sospetto partendo dalla fine, cioè dall’esistenza di un pagamento: “Non pare adeguatamente ricercata la genesi del patto corruttivo. Il giudice ha dedotto la corruzione dal supposto atto illegittimo, invece di accertare prima l’esistenza del patto illecito. Il rapporto economico è stato considerato automaticamente come prova del dovere di astensione e la sua violazione come prova dell’accordo corruttivo”.

In altre parole, la Procura avrebbe invertito il ragionamento: non dimostrare che ci fosse un accordo, ma desumerlo dall’aver retribuito un professionista pubblico. Una scorciatoia logica che il Tribunale respinge, chiarendo che l’attività professionale retribuita non è di per sé illecita, anche se svolta da chi ricopre un incarico in un organo consultivo.

Il Riesame aggiunge che nei messaggi, nelle email e nelle comunicazioni acquisite “non emerge alcun riferimento a un patto corruttivo”. Anzi, in nessun dialogo tra Catella e Scandurra si percepisce “un tentativo di influenzare le decisioni della Commissione”.

Il provvedimento restituisce quindi libertà a Catella e ridimensiona sensibilmente il quadro di Palazzopoli, l’inchiesta che aveva sollevato un terremoto politico nel cuore di Milano. A luglio, il gip aveva parlato di “rapporti opachi” tra architetti e costruttori e di un “sistema relazionale” capace di orientare il destino dei cantieri pubblici e privati. Ma a oggi, secondo i giudici, di quel sistema non ci sono prove tangibili.

Il fascicolo, coordinato dalla Procura milanese, resta aperto, ma la decisione del Riesame segna un punto pesante: il cuore dell’accusa si è svuotato. “Non vi è traccia di contropartite – scrivono ancora i magistrati – né di atti contrari ai doveri d’ufficio”.

In ambienti giudiziari si sottolinea che la linea interpretativa del Riesame è destinata ad avere riflessi anche sugli altri filoni dell’inchiesta, che toccano progetti e nomi di rilievo nel panorama urbanistico cittadino. Se il criterio resta quello espresso nel provvedimento, ogni singola ipotesi di scambio dovrà essere provata con riscontri specifici, non solo con la presenza di rapporti economici.

La vicenda, per la sua portata simbolica, ha assunto un significato politico oltre che giudiziario. Coima è il gruppo che negli ultimi vent’anni ha ridisegnato lo skyline di Milano, da Porta Nuova a Gioia 22, ed è considerato un interlocutore privilegiato per la rigenerazione urbana. L’arresto del suo fondatore aveva scosso un intero sistema economico; la sua liberazione segna una brusca inversione.

Fonti vicine alla difesa di Catella parlano ora di “una sentenza che restituisce equilibrio e proporzione a un’inchiesta nata con toni eccessivi”. In ambienti della Procura, invece, si invita alla cautela: “La decisione del Riesame non chiude il procedimento, ma impone ulteriori verifiche”.

Di certo, la motivazione lascia intendere che per provare una corruzione non basta dimostrare un pagamento, ma occorre ricostruire la volontà e lo scambio. E, in questo caso, secondo i giudici, quel passaggio decisivo non è mai stato provato. La Palazzopoli che prometteva di riscrivere le regole del potere edilizio milanese, oggi appare più come un’inchiesta sospesa, in cerca di riscontri che ancora non ci sono.