TikTok jihad, la nuova minaccia: minori radicalizzati dall’Isis 2.0 tra social e intelligenza artificiale

L’Europa torna a guardare con preoccupazione al jihadismo, ma questa volta il nemico non arriva dai campi di addestramento in Siria o dai quartieri degradati di Raqqa. Si muove sul web, parla il linguaggio dei meme e dei video virali, e ha il volto di ragazzi con meno di 18 anni. È la TikTok Jihad, come l’ha definita l’esperto Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’Estremismo della George Washington University: una radicalizzazione lampo che viaggia tra social e intelligenza artificiale, e che trasforma gli adolescenti in potenziali lupi solitari, pronti a colpire.

A lanciare l’allarme è la Spagna. Nel 2024 sono stati arrestati 15 minori per sospetta implicazione in atti di terrorismo islamico: un numero che da solo supera il totale degli under 18 fermati tra il 2017 e il 2022 messi insieme. E il 2025 non promette meglio: nel solo primo semestre, i fermi di minori radicalizzati sono già sette. L’ultimo rapporto del Centro Memoriale per le Vittime del Terrorismo, che fa capo al ministero dell’Interno spagnolo, parla di “fenomeno in rapida evoluzione e fortemente digitalizzato”.

Le indagini rivelano una catena di radicalizzazione inedita: i ragazzi non hanno bisogno di contatti diretti con cellule terroristiche. Basta uno smartphone, un profilo TikTok e l’accesso a canali Telegram protetti da password. Qui trovano video di propaganda, inni jihadisti remixati come fossero hit estive, immagini dell’Isis rielaborate con grafiche da videogame e persino tutorial creati con l’intelligenza artificiale. L’algoritmo amplifica tutto: più interagisci, più contenuti estremi ti vengono proposti.

Il quadro delineato dagli investigatori è inquietante. I minori coinvolti presentano isolamento sociale, fragilità emotiva, problemi di salute mentale e dipendenza digitale. La propaganda jihadista sfrutta proprio queste crepe: promette appartenenza, identità, eroismo. In alcuni casi, i ragazzini intercettati sognavano di replicare gli attentati di Londra o Parigi, ma altri progettavano azioni minori: vandalismi in luoghi simbolici, piccole aggressioni, attentati artigianali da riprendere in diretta.

Il 2024 si è chiuso in Spagna con 81 arresti complessivi per attività jihadista, il dato più alto dai tempi delle stragi di Atocha dell’11 marzo 2004. La maggioranza dei fermati ha cittadinanza spagnola, segno di un radicalismo endogeno, non importato. Molti simpatizzano per l’Isis, che pur avendo perso il Califfato continua a essere un marchio di attrazione globale. A livello europeo, la Spagna guida la triste classifica davanti a Francia (69 arresti), Italia (62) e Germania (55).

Gli investigatori parlano ormai di un ecosistema jihadista 2.0, dove il confine tra reale e virtuale si dissolve. Nei sequestri recenti sono emersi manuali digitali su come costruire ordigni rudimentali, skin per videogame ispirate ai combattenti dell’Isis e perfino t-shirt e gadget con simboli del Califfato acquistabili online. È un terrorismo che gioca con l’estetica pop, rendendo la morte un contenuto condivisibile.

L’allarme non riguarda solo la Spagna. Francia, Belgio e Germania hanno segnalato un aumento di minori intercettati in chat estremiste e in comunità virtuali che oscillano tra il culto dell’Isis e quello delle sparatorie americane. Il jihadismo digitale, spiegano gli analisti, ha imparato a sfruttare le stesse armi delle piattaforme social: velocità, spettacolarità, e ora persino deepfake generati dall’IA per spingere nuovi adepti all’azione.

Per le autorità europee, il fenomeno apre una sfida senza precedenti: come contrastare la radicalizzazione in un mondo dove l’attentato può nascere in cameretta e dove la propaganda è liquida, mimetizzata tra balletti, trend musicali e gaming. La TikTok Jihad è qui, parla la lingua dei nostri figli e non ha bisogno di attraversare confini.