“Se riuscissimo a concludere anche solo metà dei lavori che abbiamo avviato in questi sei mesi, avremmo lavori per il prossimo lustro…ahah”. È il 23 maggio 2023 quando Giuseppe Marinoni, presidente della Commissione per il paesaggio del Comune di Milano, scrive così in una chat privata. E cinque mesi dopo, rincara la dose: “Stiamo attuando un Pgt ‘ombra’ e con alte parcelle”. Frasi che oggi pesano come pietre nell’inchiesta della Procura milanese e della Guardia di Finanza, che ha travolto l’urbanistica della città con un’accusa precisa: una regia parallela, invisibile ma pervasiva, che avrebbe trasformato Milano in un laboratorio di speculazione edilizia pianificata.
Sei richieste di arresto – quattro in carcere e due ai domiciliari – e oltre ventuno indagati: dentro ci finiscono nomi pesanti dell’amministrazione, dell’imprenditoria e dell’architettura. A partire dall’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi, considerato il “facilitatore” politico di un sistema in cui i controllori diventano partner d’affari, e le delibere si scrivono su misura dei costruttori.
In cima alla piramide, per gli inquirenti, c’è proprio Marinoni, figura-chiave che riesce a muoversi con disinvoltura tra il suo ruolo pubblico e i molteplici incarichi ricevuti dagli stessi soggetti su cui era chiamato a esprimere valutazioni. Nelle carte compaiono società come Coima di Manfredi Catella, Lendlease, Hines, EuroMilano, Redo, e anche soggetti pubblici come Atm e Rfi. Tutti accomunati da un dettaglio: la presenza – talvolta esplicita, talvolta sottotraccia – di Marinoni in doppia veste, di tecnico comunale e di consulente privato.
Un doppio ruolo che, secondo i magistrati, assume la forma di un vero e proprio “patto corruttivo”. Le intercettazioni, le chat e i documenti acquisiti dalla Finanza disegnano un quadro in cui le strategie urbanistiche si discutono su tavoli paralleli, fuori dalle sedi istituzionali, con l’obiettivo di massimizzare i vantaggi per pochi, eludendo vincoli e controlli.
L’episodio più emblematico riguarda il progetto P39, ex Pirellino, firmato da Catella e Stefano Boeri. Inizialmente bocciato dalla Commissione paesaggio, è oggetto di una pesante pressione politica. Tancredi, “sponsor del progetto”, avrebbe interferito direttamente nella valutazione della Commissione, inducendola – tramite Marinoni – a ribaltare il parere negativo. “In violazione dei doveri dell’ufficio – si legge nel decreto – l’assessore operava affinché la Commissione esprimesse un parere favorevole”, mentre Boeri avrebbe personalmente contattato il sindaco Sala per garantirsi un appoggio diretto.
Ma non si tratta di un caso isolato. In più passaggi dell’indagine, emergono i tentativi di Tancredi di “motivare” i funzionari comunali, impauriti dalle altezze e dalle volumetrie proposte, a esprimersi in modo favorevole. Nonostante i dubbi tecnici, l’assessore spingeva perché gli uffici dicessero sì. “Tancredi operava attivamente anche al fine di motivare gli uffici del Comune (‘spaventati’ dalle volumetrie e dalle altezze proposte) ad esprimersi positivamente”, scrivono i pm.
E non agiva da solo. Marinoni veniva costantemente informato su ogni passaggio. L’assessore, si legge ancora, “organizzava appuntamenti con le società coinvolte per avvertirle e prepararle, anche per risolvere insieme a Marinoni alcuni aspetti salienti”. Tra questi: “il problema di come estrapolare le torri dal Piano Attuativo” e “come riuscire a giustificare l’adozione di accordi per smarcare le procedure di legge sulle varianti del PGT e lasciare in ombra le decisioni su quegli interventi, sottraendoli alle procedure pubbliche”.
Il “Pgt ombra”, quindi, non era solo una battuta cinica, ma una realtà strutturata, in cui i percorsi normativi ufficiali venivano aggirati con formule alternative, presentate come innovazione e semplificazione. Il progetto “Nodi e Porte Metropolitane Milano 2050” ne è l’esempio più evidente. Secondo la Procura, “un’operazione di vasta speculazione edilizia gestita da Marinoni e Tancredi su tavoli non istituzionali”, sostenuta dal Comune stesso attraverso una delibera che affidava allo Studio Marinoni il patrocinio gratuito.
E poi ci sono i soldi, il vero cemento del sistema. Solo per il progetto del Pirellino, Marinoni avrebbe ricevuto 138mila euro. Per la “Goccia” alla Bovisa, 296mila. Ma è l’architetto Scandurra, altro indagato e membro della Commissione, ad aver intascato le cifre più consistenti: oltre 2,5 milioni in fatture da Kryalos, progetti su Porta Romana, su piazza Aspromonte, sulle Park Towers. E a Scandurra, dicono i pm, si somma la posizione di altri architetti noti, come Antonio Citterio e Patricia Viel, per i quali Marinoni – sempre secondo la procura – avrebbe “piegato il corretto e libero esercizio della funzione valutativa della Commissione” per ottenere parcelle, anche di poche migliaia di euro. Ma con una regola ferrea: nessuna astensione nei progetti dei clienti. Chi pagava, otteneva.
In tutto questo, il “Piano Milano 2050”, sostenuto formalmente dal Comune con patrocinio gratuito, diventa il cavallo di Troia perfetto: una cornice tecnica per incanalare grandi trasformazioni, evitando i percorsi ordinari. Dietro, la rete dei rapporti si allarga e si rafforza: «Emerge anche che il sindaco Sala e il direttore generale Malangone – scrive la procura – condividevano e appoggiavano le strategie di Marinoni e delle società coinvolte». Una frase pesante come il cemento che si prepara a colare.
Quello che raccontano le carte non è solo un sistema di corruzione classico, ma una modalità “culturale” di gestione dell’urbanistica: legami stabili, confini sfumati tra pubblico e privato, e la convinzione – anche un po’ tronfia – che tutto possa procedere comunque. Perfino con una risata in chat.