Suona in eterno la musica di Ennio Morricone, infinita e suprema come una preghiera che percorre i secoli. La sua arte compositiva è un atto di confessione: Morricone con la musica fa elevare le immagini – trasfigurandole – scuotendo nel profondo l’animo umano.
Sono trascorsi cinque anni da quel 6 luglio 2020 in cui il mondo si fermò un istante, in un oceano di quiete e riflessione, attraversato dalla musica e dalle composizioni di Ennio Morricone.
Nato a Roma nel 1928, figlio di un trombettista, Morricone fu da subito bagnato da un universo armonico e melodioso. Diplomato al Conservatorio di Santa Cecilia, fu allievo del grande Goffredo Petrassi e frequentò i luoghi audaci dell’avanguardia. Ma fu il cinema a offrirgli la tela più ampia per dipingere l’invisibile. L’incontro con Sergio Leone – amico d’infanzia e complice artistico -segnò l’inizio di una rivoluzione: con Per un pugno di dollari – Il buono, il brutto, il cattivo – C’era una volta il West, la colonna sonora diventava la protagonista mitologica. Fischi, campane, rumori, silenzi laceranti, e poi una musicalità delicata: Morricone scopriva un linguaggio musicale del cinema, parlando con il respiro delle immagini.
Collaborò con i più grandi: Bertolucci, Pontecorvo, Tornatore, Malick, De Palma, fino a Quentin Tarantino, che nel 2016 gli consegnò il meritato Oscar per The Hateful Eight. Un riconoscimento, dopo quello onorario del 2007, profondamente simbolico: il mondo intero si alzava in piedi per salutare colui che ci ha insegnato che una nota può essere più tagliente di un coltello, che un fischio può raccontare una guerra, che i suoni vivono oltre e camminano con noi. E mentre la vita scorre con la sua musica, si sente una carezza sul cuore, l’anima volare nel vento.
Con centinaia di colonne sonore e un corpus vastissimo di opere da concerto, Morricone ha cinto ogni registro umano: il sacro e il profano, l’epico e l’intimo, l’inquietudine e la grazia. La sua musica supera i generi come un fiume antico ma sempre attuale. È, soprattutto, fedele alla verità emotiva, alla necessità del silenzio, alla forza di una nota sola ben pronunciata.
Uomo riservato, schivo ai riflettori, profondamente legato alla famiglia e alla fede, Morricone – il 6 luglio 2020 – lasciando scritto un ultimo saluto semplice e disarmante: «Io Ennio Morricone sono morto»: inizia così il testo scritto. «Lo annuncio così, a tutti gli amici che mi sono stati vicini ed anche a quelli un po’ lontani, che saluto con grande affetto. Impossibile nominarli tutti». Fra i ringraziamenti ad amici e famigliari c’è quello alla moglie Maria: «A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio». Eppure, queste parole sono così vicine ai nostri cuori: la sua musica continua a vivere, a parlare, a commuovere.
Ennio Morricone appartiene al patrimonio dell’umanità. È parte del nostro respiro culturale, della nostra memoria collettiva. In ogni sala buia, in ogni cuore che ancora trema ascoltando Gabriel’s Oboe o Deborah’s Theme, egli è presente.
Perché la grandezza, quella vera, si misura nei cuori delle persone che vivono nel tempo dell’eternità, Morricone è passato, presente e futuro. Morricone è suono e silenzio indistruttibile.
Aleandro Fusco