Genocidio, il significato storico e nel diritto internazionale

Qual è la storia della parola genocidio? Quale il suo significato? Per rispondere a queste domande corrono in nostro aiuto alcuni dizionari e un libro molto fortunato, pubblicato nel 1999 dalla studiosa francese Annette Wieviorka e intitolato Auschwitz spiegato a mia figlia. Proprio in quest’ultimo, vengono indicate le origini piuttosto recenti del termine, ideato da un professore di diritto internazionale, Raphael Lemkin, soltanto nel 1944 per indicare lo sterminio degli ebrei e composto dalla radice greca, “genos”, “stirpe, razza” e dal tema di “occiděre”, che significa “uccidere, sterminare”.

Con il vocabolo, dunque, si intende la distruzione in massa di un gruppo etnico, razziale o religioso mediante il massacro degli individui, la dispersione delle famiglie e delle comunità, la soppressione delle istituzioni sociali, politiche, religiose, culturali, dei monumenti storici e dei documenti d’archivio. È questo ciò che recita in Grande Dizionario della Lingua Italiana.

Proprio sulla base di ciò, “Shoah”, sostiene Wieviorka, è un altro modo di chiamare il genocidio degli ebrei. Tuttavia, si affretta ad aggiungere che altri episodi della storia del Novecento possono essere definiti come genocidi: nel 1915, il massacro degli armeni da parte dei turchi, e nel 1994, quello degli hutu a opera dei tutsi, in Ruanda.

Per le modalità con il quale si sta consumando, quello dei palestinesi è senz’altro il genocidio più recente. Sarebbe facile per i paesi europei appurarlo se non ci si fosse lasciati distrarre da due fattori: in primo luogo, dall’origine della parola che evidentemente copre, per così dire, la comprensione effettiva di un fenomeno ben più diffuso. Il vero e proprio crimine contro l’umanità perpetrato ai danni dell’intero popolo palestinese è schermato, in secondo luogo, dalla guerra tra il governo di Israele e Hamas. Rovesciando i termini del discorso, sembra quasi che è soltanto in ragione dello schermo appena citato che si riesca a commettere, con la complicità tutto sommato uniforme dell’opinione pubblica occidentale, un tale assassinio di massa.

Per quale altro motivo, altrimenti, sarebbe così difficile usare la parola “genocidio” per definire la violenza di un’operazione che si sta consumando con la specificità che è già ampiamente chiarita da storici e linguisti?

Alessandro Gaudio