Nel 50° anniversario della morte, I Quaderni del Bardo Edizioni pubblica un’analisi critica a 360 gradi: dalla poesia al cinema, dal teatro alla critica d’arte, l’intellettuale che visse “accogliendo gli opposti”.
Nel cinquantesimo anniversario della tragica scomparsa di Pier Paolo Pasolini (novembre 1975 – novembre 2025), I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno pubblica “P.P.Pasolini: l’ossimoro vivente“, un saggio oggi fondamentale, firmato dal poeta e critico Donato Di Poce. L’opera si distacca dalle commemorazioni di circostanza per offrire un’interpretazione militante e “corsara”, che definisce Pasolini come la più lucida e fertile contraddizione del suo tempo.
Il volume analizza l’intera produzione pasoliniana sotto la lente dell’ossimoro: Pasolini fu marxista ma inseguiva in un suo modo originalissimo la Fede, adorava la tradizione (Dante, Pascoli) ma praticava uno sperimentalismo linguistico rivoluzionario, era poeta sublime (Le ceneri di Gramsci) ma anche regista “sacrale e mistico” (Il Vangelo secondo Matteo) e giornalista spietato (Scritti Corsari). Donato Di Poce smonta con passione critica “l’errore e la cattiveria” degli esegeti che scambiarono questa “molteplicità espressiva” per doppiezza, dimostrando come Pasolini usasse gli opposti come unica via per cercare la verità.
Il saggio è un viaggio completo nella “galassia di CreAttività” pasoliniana, suddiviso in sezioni tematiche che non tralasciano alcun aspetto: dalla poesia dialettale (La meglio gioventù) alla narrativa delle borgate (Ragazzi di vita), dalla fondazione della rivista “Officina” all’analisi del “Cinema di poesia” e del “Teatro di Parola”, fino all’opera-testamento Petrolio, definito dall’autore il “Poema delle stragi”.
“Non abbiamo ancora fatto i conti con P.P. Pasolini”, scrive Donato Di Poce nell’introduzione. “Abbiamo fatto scempio dei suoi tre corpi: quello fisico, quello mentale e quello poetico. Tre corpi controcorrente che davano fastidio perché troppo autonomi e troppo liberi”.
“P.P.Pasolini: l’ossimoro vivente”, arricchito dai disegni di Max Marra, è un atto di giustizia critica. Un testo necessario per capire perché, a 50 anni di distanza, la “disperata vitalità” di Pasolini sia ancora l’antidoto più forte contro l’omologazione culturale del presente.







