A Milano i tram non raccontano solo pubblicità di profumi e serie tv. Da qualche settimana, sulle fiancate di diversi mezzi dell’ATM campeggia un messaggio diretto, quasi provocatorio: «Cerchiamo elettricisti, idraulici e muratori. A Milano solo creativi e modelle?». A firmarlo è Saverio Cutrullà, imprenditore calabrese alla guida del gruppo Save, realtà attiva da 35 anni nel facility management, con cento dipendenti e sedi in sette regioni. L’obiettivo della campagna è semplice: trovare personale tecnico. Il risultato, invece, è sorprendente. Zero candidature.
Un paradosso, soprattutto in un mercato del lavoro dove si parla quotidianamente di mancanza di operai qualificati. Eppure, Cutrullà sostiene che nemmeno un annuncio a caratteri cubitali, su decine di mezzi pubblici, sia servito a smuovere l’interesse degli under 35. «La difficoltà è esagerata — racconta — Non troviamo giovani che vogliano impegnarsi in mestieri tecnici, nemmeno offrendo stipendi più alti dei contratti nazionali».
Le posizioni aperte sono circa trenta, tutte per la sede lombarda di Tribiano o per i cantieri del Nord Italia. Il ventaglio è ampio: elettricisti, termoidraulici, frigoristi, escavatoristi, autisti, manovali esperti e project manager. Tutti inquadrati nel Contratto Metalmeccanico Industria, con maggiorazioni fino al 40% in base alle competenze. Gli stipendi partono da 1.800 euro mensili e arrivano a 2.700 per i profili più qualificati. A questo si aggiunge la formazione interna: «Non chiediamo anni di esperienza — spiega Cutrullà — basta un diploma tecnico. Il resto lo insegniamo noi».
Eppure, nessuno si presenta. Il manager non si nasconde dietro alle giustificazioni: «L’impressione è che tanti giovani ambiscano a lavori che non comportino fatica, come i creativi, i modelli o gli influencer». Non è solo una questione economica, assicura. L’impatto culturale pesa molto di più. «Per anni si è considerato il lavoro manuale come un ripiego, mentre si è esaltato il terziario avanzato. Il risultato è una generazione che non percepisce i mestieri tecnici come opportunità di realizzazione, sociale ed economica».
Cutrullà allarga il discorso anche alle dinamiche demografiche. «C’è la denatalità, che ha ridotto il numero stesso dei giovani disponibili. E c’è un cambio di mentalità: altri valori, altri modelli di vita. La fatica è vista come un ostacolo, non più come un percorso di crescita». A tutto questo si aggiunge, secondo l’imprenditore, «una scarsa visione politica», che ha diviso il lavoro in livelli di prestigio invece che aggiornarne l’immagine. «Chi esce da un istituto professionale, oggi, si sente spesso un cittadino di serie B».
Eppure il settore tecnico, secondo lui, è il nuovo Eldorado occupazionale. «La specializzazione è la vera unicità — ripete più volte — Essere un ottimo elettricista, un idraulico competitivo, un manutentore specializzato, significa essere difficilmente sostituibili. La tecnologia rimpiazzerà molte mansioni d’ufficio, ma non chi sa mettere le mani sugli impianti». Una visione che in parte conferma le analisi delle associazioni di categoria: il mismatch tra domanda e offerta sta crescendo e molte imprese non riescono più a coprire i ruoli operativi.
Il caso di Save Group è emblematico. Il gruppo, nato a Vibo Valentia e oggi ramificato tra Milano, Torino, Alessandria, Modena e l’Abruzzo, offre servizi di manutenzione avanzata per aziende e edifici: impianti elettrici, climatizzazione, gestione energetica, manutenzione del verde, fino alle soluzioni per la sostenibilità. Un settore in espansione, trainato dalle esigenze di efficientamento e dall’economia circolare, che però si scontra con una realtà impietosa: senza tecnici non si lavora.
Gli annunci sui tram hanno un tono volutamente provocatorio. Milano è la città dove esplode il mercato della comunicazione, della moda, del design. Se entri in un coworking trovi grafici, fotografi, designer di UX, videomaker. «Ma chi rimane a fare il lavoro che serve per far funzionare tutto il resto?» si chiede Cutrullà. «Gli edifici non si riparano da soli, le caldaie non si manutengono con un reel su Instagram, gli impianti elettrici non si aggiustano con un post virale. Il Paese regge grazie ai tecnici specializzati e questa realtà dovrebbe essere valorizzata».
Tra le cause della crisi di vocazioni tecniche rientra anche una questione di percezione sociale: «Si è pensato per troppo tempo che il successo passasse solo dai percorsi universitari. Ma il reddito medio dei professionisti tecnici, oggi, è spesso superiore a quello dei laureati junior nelle aziende di servizi. È una verità che quasi nessuno racconta ai ragazzi».
Nel frattempo, l’imprenditore non si arrende. La campagna sui tram continuerà, forse con messaggi ancora più diretti. E Save Group è pronta a rimodulare gli incentivi pur di attirare nuove leve. «Ma non basta offrire soldi. Serve un cambiamento culturale. La specializzazione è il futuro, e chi lo capisce in tempo avrà una vita professionale più stabile e più ricca degli altri».
Il lavoro c’è. Ben pagato. Con formazione e possibilità di crescita. Ma in una città dove sembra più facile trovare un content creator che un frigorista, la vera battaglia si gioca sulla percezione del lavoro. E quella, per ora, resta la sfida più difficile.







