Papa? Non così in fretta: gli scandali che bruciano Tagle

di Andrea Papaccio Napoletano

Il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, 67 anni, domina in questi ultimi giorni le discussioni sul prossimo Conclave. Media ed esperti lo indicano infatti come un papabile di punta, un simbolo di quell’Asia cattolica ormai sempre più potente nello scacchiere geopolitico ecclesiastico. Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione ed ex arcivescovo di Manila, Tagle piace a tutti grazie a un carisma degno di un divo hollywoodiano: si sposta in jeepney, vive con semplicità, parla al cuore dei poveri e dei migranti, canta i Beatles. Poliglotta e mediatico, con un approccio inclusivo su temi come i diritti LGBTQ+ e i divorziati, appare, almeno superficialmente, il candidato ideale per una Chiesa sempre più globale. Elevato a cardinale-vescovo da Francesco nel 2020, è stato spesso definito il “Bergoglio asiatico”. Eppure, dietro il suo sorriso accattivante si nascondono diversi scandali che macchiano il suo passato e potrebbero farlo inciampare rovinosamente. Il Collegio Cardinalizio, probabilmente consapevole di queste ombre, potrebbe guardare altrove, puntando su figure più moderate e meno divisive.

Tagle ha tutte le carte per ambire al Soglio di Pietro. La sua capacità di connettersi con i fedeli, unita a un profilo internazionale, lo rende perfetto per chi immagina un Papa dinamico e al passo coi tempi. I media internazionali lo inseriscono tra i favoriti, sottolineando il suo ruolo di ponte tra tradizione e modernità. Ma un Papa non si sceglie solo per il fascino. Serve rigore, capacità di gestire crisi, integrità assoluta, morale. E su questi fronti, Tagle mostra crepe profonde e non ignorabili. Tre scandali – il caso di un prete abusatore, il disastro di Caritas Internationalis e una gestione caotica a Manila – rivelano un lato oscuro che giornali ed esperti sembrano trascurare (scientemente?).

Nel 2012, Luk Delft, un prete belga, fu condannato a 18 mesi, pena sospesa, per abusi su minori e possesso di materiale pedopornografico. Un tribunale gli impose un divieto decennale di contatto con minori. Eppure, Caritas Internationalis, presieduta da Tagle, lo assunse nel 2015 come rappresentante in Repubblica Centrafricana, promuovendolo a direttore nazionale nel 2017. Nel 2017, un terapista avvertì Tagle della pericolosità di Delft, definendolo “un rischio” per i bambini. Ma Tagle, insieme al Segretario Generale Michel Roy, lo ritenne “riabilitato” dopo una valutazione psicologica rivelatasi disastrosa. Delft abusò di almeno due minori rifugiati in Centrafrica, bambini vulnerabili che Caritas avrebbe, sulla carta, dovuto proteggere. Solo nel 2019, un’inchiesta giornalistica della CNN costrinse Caritas a sospenderlo. L’ONU, sdegnata, tagliò i fondi a Caritas Centrafrique, un’umiliazione bruciante e senza precedenti. Tagle, che sapeva tutto, scelse la strada del silenzio: nessuna scusa, nessun commento. Lucas Van Looy, vescovo belga e membro del consiglio di Caritas, rinunciò al cardinalato nel 2022 per rispetto alle vittime. Tagle, invece, preferì non commentare l’accaduto, un’omissione che a distanza di anni continua a pesare come un macigno.

Nel 2022, un altro scandalo travolse Caritas Internationalis, ancora sotto la guida di Luis Antonio Tagle. Papa Francesco destituì l’intero vertice dell’organizzazione a causa di gravi carenze gestionali: vennero silurati Tagle, il Segretario Generale Aloysius John e l’intero consiglio direttivo. Un’indagine esterna rivelò un ambiente tossico al quartier generale di Roma: abusi verbali, mobbing, favoritismi. I dipendenti denunciarono un clima invivibile, a causa di John che umiliava il personale senza ritegno. Tagle, anche in questo caso perfettamente a conoscenza delle lamentele già dal 2021, non intervenne, descritto come “assente” e “profondamente distante”. Francesco nominò un commissario, Pier Francesco Pinelli, umiliando pubblicamente Tagle. Dopo questo disastro, Tagle fu sostituito alla presidenza di Caritas da Tarcisius Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, eletto nel 2023. Kikuchi, secondo presidente asiatico di Caritas dopo Tagle, si sta affermando come il nuovo astro nascente della Chiesa asiatica, un leader che potrebbe oscurare il filippino nel prossimo Conclave.

A Manila, dove fu arcivescovo dal 2011 al 2020, Tagle ha mostrato altre fragilità che rendono il suo profilo quantomai debole e poco adatto al papato. Nel 2015, durante la visita di Papa Francesco nelle Filippine, ordinò la cancellazione di tutte le messe domenicali nell’arcidiocesi per un evento al Rizal Park, che attirò sette milioni di persone. La decisione, annunciata con scarso preavviso, fece infuriare preti e fedeli: molte comunità rimasero senza Eucaristia, e i parroci denunciarono una totale mancanza di rispetto e consultazione. Tagle fu accusato di privilegiare un’immagine grandiosa rispetto alle esigenze pastorali. Alcuni lo descrissero come “più showman che amministratore”, lamentando ritardi nella gestione finanziaria e nella formazione del clero, con parrocchie che si sentivano abbandonate.

Il Collegio Cardinalizio, consapevole del peso morale e simbolico dell’elezione, non può ignorare le ombre che si addensano sul porporato filippino. Il caso Delft, con le sue vittime dimenticate, la crisi interna a Caritas Internationalis e le criticità amministrative dell’arcidiocesi di Manila sono ormai ben documentati. Sui social, l’indignazione è palpabile: “Tagle ha lasciato campo libero a un pedofilo!”, si legge su X, segno di una fiducia incrinata anche fuori dai circuiti ecclesiastici.

La Chiesa, oggi più che mai, non può permettersi di eleggere un pontefice che porti con sé ombre difficili da dissipare. Luis Antonio Tagle, un tempo astro nascente, appare oggi indebolito. Gli scandali che lo circondano – l’inerzia di fronte a gravi abusi, il caos gestionale a Caritas e i problemi a Manila – rischiano di essere un fardello troppo pesante. Il Conclave, davanti a questo bivio, potrebbe scegliere di guardare altrove.