Un conclave sotto pressione: quando la politica varca i confini del Vaticano

Anno 2013 – cardinali riuniti in pre-Conclave

di Raffaele Piccolo

La morte di Papa Francesco ha aperto non solo un vuoto spirituale, ma anche una finestra sulle dinamiche di potere che, ancora una volta, mettono in discussione l’autonomia del Vaticano. Il conclave, momento sacro e segreto per eccellenza, rischia di trasformarsi in un’arena geopolitica. Le manovre di potenze straniere come Francia e Cina non fanno che confermare quanto la scelta del successore di Pietro sia diventata oggetto di pressioni che esulano dalla fede.

La visita del presidente Macron ai cardinali francesi, in pieno periodo pre-conclave, non è un semplice gesto di cortesia diplomatica. È una mossa strategica che lascia trasparire un desiderio di indirizzare, se non di controllare, l’orientamento della Chiesa nel prossimo futuro. Il nome di Jean-Marc Aveline, sponsorizzato neanche troppo velatamente, testimonia un interesse politico che non ha nulla a che vedere con la missione pastorale di un Pontefice.

Ancor più allarmante è la posizione della Cina, che nel silenzio della “sede vacante” ha imposto due nuovi vescovi, eludendo gli accordi con la Santa Sede. È un atto di forza che parla il linguaggio dell’intimidazione politica, in totale spregio dell’autonomia ecclesiastica. Che questi gesti avvengano proprio mentre la Chiesa si prepara a eleggere il suo leader spirituale non è una coincidenza, ma una chiara strategia. Il rischio è che il prossimo Papa venga eletto più per la sua compatibilità con certi interessi mondani che per la sua capacità di guidare la Chiesa con spirito evangelico. Il conclave dovrebbe essere un tempo di discernimento e preghiera, non una partita a scacchi tra potenze. Eppure, l’impressione crescente è che la spiritualità venga progressivamente marginalizzata in favore di equilibri geopolitici, calcoli di potere e strategie diplomatiche.

Il timore reale, e non più solo simbolico, è che si stia costruendo un Vaticano parallelo, sempre più simile a un organismo politico internazionale e sempre meno fedele alla sua missione profonda: annunciare il Vangelo. Se la Chiesa diventa un campo di battaglia per gli interessi degli Stati, allora c’è il serio pericolo che venga svuotata della sua anima. Un Vaticano plasmato dalla diplomazia e dalla convenienza politica rischia di smarrire quella vocazione profetica che l’ha resa voce dei senza voce, coscienza critica del mondo e spazio di riflessione spirituale universale.

In un momento tanto cruciale, serve un atto di coraggio e di vigilanza. Il conclave non può e non deve essere consegnato ai giochi del potere. Al contrario, la Chiesa ha oggi più che mai bisogno di una guida scelta per ispirazione e non per imposizione. Solo così potrà continuare a essere ciò che è sempre stata nella sua essenza: un faro di fede, e non uno strumento tra le mani dei potenti.