Vinted e le vendite di regali online: quando liberarsi del maglione indesiderato diventa un lavoro nascosto che può costare multe salate e perfino guai penali

I regali di Natale non sono sempre un trionfo di buon gusto. Tra maglioncini giallo senape, profumi lontani dalle nostre preferenze e oggetti doppi, le piattaforme di rivendita online come Vinted sono diventate il porto sicuro dove trasformare l’imbarazzo in qualche euro. Il meccanismo è semplice: si scatta una foto, si carica l’annuncio, si spediscono i pacchi. Ma se non si conoscono bene le regole, dietro la scorciatoia digitale può nascondersi un problema molto concreto: il rischio di essere considerati, a tutti gli effetti, venditori abusivi.

A ricordarlo è l’avvocato penalista Giuseppe Di Palo, che in una recente intervista chiarisce quali siano i confini da non superare per non ritrovarsi nel mirino dell’Agenzia delle Entrate. Il punto di partenza è netto: «Rivendere un maglione o un profumo ricevuto a Natale su Vinted non è illegale». A essere lecita è l’operazione occasionale, quella dettata da un’esigenza di ordine, di spazio o semplicemente dalla voglia di liberarsi di ciò che non si usa. Il problema nasce quando quella che era nata come una valvola di sfogo diventa, nei fatti, una fonte di reddito stabile.

«Ma quando smette di essere un’attività occasionale e diventa continuativa può scattare un accertamento fiscale, fino ad arrivare a conseguenze penali», avverte Di Palo. Il nodo, quindi, non è il singolo maglione messo in vendita, ma la trasformazione della piattaforma in un vero e proprio banco di vendita personale. Chi, giorno dopo giorno, popola il proprio profilo con decine di annunci, aggiorna il catalogo, calibra i prezzi, tratta con gli acquirenti e traccia spedizioni rischia di non essere più percepito come un privato che si libera di oggetti usati, ma come qualcuno che svolge un’attività organizzata.

L’avvocato lo sintetizza così: «Il rischio principale non è tanto la piattaforma prescelta, ma che l’attività possa essere considerata abituale e organizzata». In quel caso le conseguenze non sono solo teoriche. «L’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare la mancata apertura di una partita Iva specifica e quindi il mancato pagamento delle imposte». Vendere online regali indesiderati è «assolutamente lecito», ribadisce, ma «trasformare Vinted o altre piattaforme in una fonte stabile di reddito senza dichiararlo non lo è assolutamente».

I rischi, innanzitutto, sono di natura economica. In caso di mancata apertura della partita Iva, spiega Di Palo, l’Agenzia delle Entrate può sanzionare il venditore con una multa fino a 2mila euro. Ma il problema non finisce qui, perché entra in scena anche il tema dei redditi non dichiarati. «Se non si dichiarano i redditi c’è una sanzione amministrativa pari a circa il 120% dell’imposta dovuta, con un minimo di 250 euro». Una percentuale che, applicata a somme accumulate nel tempo, può trasformare qualche guadagno apparentemente innocuo in un conto molto pesante da saldare.

Poi c’è il capitolo penale, che si apre quando certe soglie vengono superate. «Quando si superano certe soglie si entra in ambito penale. L’omessa dichiarazione dei redditi può comportare la reclusione per una durata da 2 a 5 anni. Se invece non si versa l’Iva la soglia di punibilità è fissata a circa 250 mila euro». Il privato che vende ogni tanto un regalo non ha nulla da temere, ma chi accumula incassi importanti, per quantità e continuità, può trovarsi all’improvviso nella stessa categoria dei veri evasori.

La difficoltà, come sempre, sta nel confine. «Non esiste una soglia prestabilita di oggetti venduti o di soldi incassati che rende automaticamente abusivo un venditore», precisa Di Palo. Non basta contare i pacchi spediti o le transazioni concluse. «La legge guarda soprattutto a come si vende, e non soltanto quanto». È il comportamento complessivo a fare la differenza: la sistematicità degli annunci, la cura delle descrizioni, la scelta di prezzi competitivi, la rapidità nelle risposte, l’uso della piattaforma come negozio personale più che come bacheca di svuotamento armadi.

In questo quadro, le vendite ripetute nel tempo, corredate da foto studiate, testi accurati e un listino informale ma aggiornato, rischiano di apparire come il lavoro di un vero venditore. Il confine tra “uso personale” e attività abituale non è fissato da un numero magico, ma dal modo in cui si sta sul mercato. È questo che può attirare l’attenzione del Fisco, più dei singoli oggetti messi in vendita dopo Natale.

Il messaggio, quindi, non è un allarme contro Vinted o le altre piattaforme, ma un invito alla prudenza. Chi usa questi strumenti per liberarsi di ciò che non indossa o non utilizza più resta nel perimetro del lecito. Chi, invece, ne fa una seconda entrata stabile, costruita in modo continuativo e organizzato, deve fare i conti con le regole del gioco: partita Iva, dichiarazione dei redditi, imposte dovute. Perché nel momento in cui l’armadio diventa negozio, anche online, per il Fisco non si parla più di semplici regali riciclati.