Un appello chiaro e diretto arriva da Mario Draghi sull’urgenza di colmare il ritardo tecnologico dell’Europa. Intervenendo all’inaugurazione del 163esimo anno accademico del Politecnico di Milano, Draghi ha messo in guardia dalle conseguenze economiche e sociali di un divario sempre più ampio rispetto ai principali competitor globali.
“Con la rivoluzione dell’Intelligenza artificiale lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli fondamentali, la Cina 15 e l’Unione europea soltanto tre”, ha ricordato Draghi, sottolineando come “lo stesso schema si osserva in molte altre tecnologie di frontiera”. Un ritardo che, secondo l’ex premier, non può più essere ignorato.
L’avvertimento è netto: “Se non colmiamo questo divario e non adotteremo queste tecnologie su larga scala, l’Europa rischia un futuro di stagnazione, con tutte le sue conseguenze”. Una prospettiva che pesa ancora di più alla luce delle dinamiche demografiche del continente.
“Considerato il nostro profilo demografico – dice ancora Draghi – se l’Ue mantenesse semplicemente il tasso medio di crescita della produttività dell’ultimo decennio, tra 25 anni l’economia avrebbe, di fatto, la stessa dimensione di oggi”. Uno scenario che impone un cambio di passo nelle politiche industriali e dell’innovazione.
Secondo Draghi, la risposta passa da una maggiore capacità di adattamento delle istituzioni europee: “Una politica efficace in condizioni di incertezza richiede adattabilità: la capacità di rivedere le ipotesi, riequilibrare quei pesi, adeguare rapidamente le regole man mano che emergono evidenze concrete sui rischi e sui benefici”. Ed è proprio su questo terreno, ha concluso, che “l’Europa si è inceppata”, lasciando intendere che senza scelte rapide e coraggiose il gap con Stati Uniti e Cina è destinato ad ampliarsi ulteriormente.







