Il vicino di Eros Ramazzotti chiede oltre 200 mila euro di danni: «Casa puntellata da un anno dopo i lavori al piano di sopra»

I riflettori sul nuovo disco e sul tour mondiale da una parte, una causa civile sempre più aspra dall’altra. Eros Ramazzotti è finito al centro di un contenzioso innescato dai piani bassi del suo stesso stabile di CityLife, quartiere residenziale di lusso a Milano. A chiamarlo in causa è il vicino di sotto, Paolo Rossi, 59 anni, genovese, revisore dei conti e consulente finanziario, che chiede oltre 200 mila euro di risarcimento per i danni subiti nel proprio appartamento dopo l’avvio della ristrutturazione nell’attico appena comprato dal cantante.

Lo stabile è un palazzo di pregio: tre piani, sei appartamenti di ampia metratura, facciata rifatta di recente e una serie di lavori di riordino interno effettuati, negli anni, da vari condomini. Nessuno di questi interventi, sostengono i legali di Rossi, aveva mai creato problemi strutturali agli altri alloggi. Fino a quando, nell’ottobre 2024, una delle unità immobiliari al piano più alto viene acquistata da Ramazzotti, che vi trasferisce la residenza e avvia una ristrutturazione interna definita “rilevante” già nei primi sopralluoghi tecnici.

Il 13 novembre 2024 nell’appartamento di Rossi si presentano l’architetto Luigi Andrea Tafuri, responsabile dei lavori nell’attico, e l’amministratrice del condominio, l’architetta Alberta Contestabile. In un documento ufficiale l’amministratrice certifica il “buono stato” dell’immobile del revisore e dà atto delle rassicurazioni del progettista: i lavori sarebbero stati importanti, ma ogni “danno, crepa o problematica” emersa nell’alloggio sottostante sarebbe stata imputata al cantiere al piano di sopra e fronteggiata di conseguenza. Per Rossi quella promessa è il punto di partenza del contenzioso: le demolizioni arrivano, il danno anche, ma il riconoscimento delle responsabilità resta oggetto di una battaglia giudiziaria.

Secondo quanto ricostruito negli atti, il 20 novembre 2024 iniziano le demolizioni vere e proprie. I legali di Rossi, gli avvocati Fabio Lepri e Salvatore Pino, parlano di “lavori letteralmente devastanti”: vengono demoliti tutti i tramezzi interni, rimosse porte, impianti, pavimenti e il massetto sottostante, con un uso “massiccio” di martelli pneumatici. Nel giro di due settimane, dell’appartamento di partenza restano quasi solo le strutture portanti. Nel palazzo, intanto, gli altri condomini segnalano “abnormi immissioni sonore” e vibrazioni costanti provenienti dal piano di sopra.

Il pomeriggio del 4 dicembre 2024 è il momento chiave del racconto di Rossi. Mentre al piano superiore proseguono i lavori, nella zona del suo appartamento adibita a palestra e sauna il plafone si stacca e crolla a terra, rovinando sulla sauna e sulle attrezzature sportive. Nessuno è presente in quel momento, e il ricorso sottolinea che solo il caso ha evitato conseguenze per le persone. Quando il revisore e la moglie rientrano, trovano la stanza devastata, la polvere sospesa nell’aria, le crepe che corrono lungo il soffitto e la sensazione di abitare in una casa non più sicura.

Da quel giorno, nella versione del vicino, il bell’appartamento di dieci vani si trasforma in una sorta di cantiere permanente. Su indicazione dei tecnici di parte, alcune stanze vengono puntellate con tubi innocenti per mettere in sicurezza le zone dove la “battitura dei plafoni” restituisce un suono sordo, indice di possibili vuoti nel solaio. La palestra viene parzialmente dichiarata inagibile e delimitata con il nastro bianco e rosso. Rossi parla di “calvario fatto di disagi abitativi, spese legali e paure per il rischio di nuovi crolli”: stanze chiuse, percorsi obbligati fra le strutture di sostegno, attività professionale rallentata e valore dell’immobile messo in discussione.

Il quadro tecnico viene arricchito dagli accertamenti ufficiali. Nei verbali della Polizia municipale, intervenuta dopo il crollo nell’appartamento di Rossi e salita poi nell’attico di Ramazzotti, si dà atto che al piano superiore erano state demolite le pareti interne non strutturali, asportati gli impianti e rimossi pavimenti e massetto, “scoprendo le tavelle che compongono il solaio”, in alcuni punti già lesionate “riconducibilmente ai colpi inferti dal martello pneumatico”. Gli agenti segnalano anche “diversi metri cubi di residui da demolizione” accatastati in alcune stanze. I vigili del fuoco, da parte loro, parlano di un “dissesto statico di elementi costruttivi” prodotto dai lavori di scavo e demolizione, e dichiarano inagibile il locale dove si è verificato il distacco del soffitto.

Sul piano civile, la difesa di Rossi sostiene che i danni si siano rivelati, col tempo, più estesi del solo crollo iniziale, propagandosi ad altre stanze. Gli esperti ingaggiati dal revisore indicano come necessari interventi di ripristino importanti e strutture di protezione, oltre alla possibilità di doversi spostare temporaneamente altrove per consentire i lavori in sicurezza. La richiesta di risarcimento, stimata in oltre 200 mila euro, comprende le spese per la messa in sicurezza, l’eventuale affitto di un altro immobile per il periodo dei lavori, il pregiudizio all’attività professionale svolta in casa e una voce di danno non patrimoniale legata alle “sofferenze, ai patemi d’animo e agli stati d’ansia” dovuti al rischio di nuovi cedimenti e ai tempi della vicenda.

La posizione della controparte è radicalmente diversa. L’avvocato del cantante, Antonio Cacciato, in una prima risposta contesta la perizia presentata da Rossi, definendola “di per sé non ricevibile e non condivisibile”, perché formata unilateralmente, “generica” e “non riscontrata” rispetto alle richieste risarcitorie. La difesa di Ramazzotti sposta l’attenzione su possibili “difetti occulti” dell’edificio, commissiona carotaggi e approfondimenti statici per evidenziare “problematiche strutturali” preesistenti e nega che i soli lavori di ristrutturazione possano spiegare il crollo del plafone al piano inferiore. Una linea che, per i legali di Rossi, sarebbe “pretestuosa ed eccentrica”, ma che entra a pieno titolo nel confronto fra consulenti di parte e tecnici nominati dal tribunale.

Nei giorni immediatamente successivi al cedimento del soffitto, secondo il racconto del revisore, si consuma anche il primo scontro sul cantiere. Dopo la segnalazione del crollo, Tafuri e l’impresa Gmr avrebbero inizialmente manifestato la disponibilità a sospendere i lavori per capire la natura del danno. La mattina successiva, però, sempre secondo il ricorso, i martelli demolitori sarebbero tornati in funzione, “noncuranti della presenza dei proprietari di casa all’interno dell’immobile sottostante e dell’acclarato rischio di ulteriori crolli”. A quel punto, a Rossi non sarebbe rimasta altra strada che chiedere l’intervento delle autorità per bloccare il cantiere.

Sul fondo della vicenda corre un contrasto anche simbolico tra due piani di realtà. Da una parte il vicino che racconta un anno trascorso in un appartamento puntellato, con stanze chiuse e un’attività professionale resa più difficile. Dall’altra la macchina del marketing che accompagna il nuovo disco di Ramazzotti, “Una storia importante”, e il “World tour” annunciato per febbraio, con una maxi affissione comparsa in piazza Buonarroti, a poche centinaia di metri dalla casa danneggiata, a ricordare la dimensione globale del suo vicino più famoso.

Il giudice civile Carlo Di Cataldo ha fissato per il 19 gennaio 2026 la data del secondo tentativo di conciliazione tra le parti. Fino ad allora, la controversia resterà affidata al confronto fra perizie e controperizie, memorie difensive e valutazioni tecniche sul nesso tra i lavori nell’attico e il cedimento del solaio sottostante. Sarà il tribunale di Milano, salvo accordi dell’ultima ora, a stabilire se e quanto il conto finale dovrà essere pagato anche dal proprietario più celebre dello stabile di CityLife.