Trump, Epstein e il caso infinito: Michael Wolff riapre il dossier e accusa, “ossessionati dalle modelle giovani, non chiedevano i documenti”

DONALD TRUMP posa con un gruppo di donne. I volti delle donne sono stati censurati dai Democratici della Commissione di Vigilanza della Camera.

“La domanda chiave resta una sola: Donald Trump ha avuto rapporti sessuali con minorenni? Personalmente non lo so e non ho il nome di una ragazza da fare, però ne ho parlato a lungo con Jeffrey Epstein. Entrambi erano ossessionati dalla caccia alle modelle e posso garantirvi che non chiedevano i documenti d’identità”. Michael Wolff, giornalista, scrittore, autore di libri sul potere americano e confidente del finanziere accusato di pedofilia e morto suicida in carcere, riapre uno dei capitoli più controversi della politica statunitense: il legame tra l’ex presidente Donald Trump e Jeffrey Epstein.

Secondo Wolff, non siamo alla fase della ricerca della verità, ma in una fase politica di utilizzo del caso. “Siamo entrati nella seconda o terza fase di questo scandalo, dove lo scopo non è stabilire la verità, ma usarlo a scopi politici”. Per lui, la pubblicazione di documenti e immagini non è casuale. “Ovviamente sì” risponde, quando gli viene chiesto se le foto di Bill Clinton siano uscite per questo motivo. “I democratici vogliono incolpare Trump, e i repubblicani chiunque altro. Andremo avanti e indietro così, senza una soluzione attendibile e definitiva”.

Alla domanda se esistano informazioni compromettenti o imbarazzanti su Trump censurate nei documenti, Wolff risponde che probabilmente non lo sapremo mai. “Ma credo di sì, c’è una forte probabilità. I documenti sono gestiti dal dipartimento della Giustizia di Trump, e la sua prima responsabilità è proteggerlo”. È una frase pesante, che suggerisce una gestione politica di materiali sensibili legati allo scandalo Epstein.

Wolff insiste su un dato di fatto che, secondo lui, la macchina politica di Trump ha provato a ridimensionare: la vicinanza personale tra i due. “Donald Trump e Jeffrey Epstein sono stati migliori amici per più di 15 anni. Facevano quasi tutto insieme: affari, caccia alle ragazze, arrampicate sociali. Erano in gran parte la stessa persona. Uno dei due è finito nella prigione più cupa degli Stati Uniti con un lenzuolo legato al collo, l’altro alla Casa Bianca. Spiegatemi questa differenza, io non ci riesco”.

Sul fronte politico interno, Wolff osserva che il movimento Maga è in difficoltà. “Il movimento è in un angolo. Ha creduto a Trump, quando diceva di non avere alcun ruolo e di conoscere Epstein a malapena, ma ciò si è ovviamente rivelato falso. Ora, i Maga sono pronti a distruggere la persona al centro del loro movimento, pur di conoscere la verità su Epstein? Non ho la risposta definitiva, ma ne dubito”. Ricorda anche che “all’interno del movimento Maga c’è solo una possibile frattura seria. Il vice presidente Vance è il favorito per la candidatura alla Casa Bianca del 2028, su Epstein è allineato con Trump e i suoi avversari potrebbero usare lo scandalo”.

Per Wolff, il caso non si chiuderà presto. “Assolutamente sì”, resterà aperto “almeno fino alle elezioni del 2028”. Anche perché, nella sua lettura, Epstein aveva un giudizio molto negativo su Trump. “Ne ho parlato a lungo con lui, penso di essere la persona che sa più di chiunque altro cosa pensasse Jeffrey di Donald, ne aveva un’immagine depravata. Suppongo che la domanda tecnica resti se Trump abbia avuto o meno rapporti sessuali con ragazze minorenni. Non lo so, ma non erano questi i termini in cui ne parlava lo stesso Epstein. Non ammetteva di avere rapporti con minorenni”.

Wolff ripete di non avere prove dirette, né nomi da fare. “Non ho il nome di una ragazza da fare, ma entrambi erano ossessionati dalla caccia alle modelle di ogni tipo, o delle aspiranti tali. E quale età hanno queste modelle? Fra 15 e 20 anni? Posso garantirvi che quei due non chiedevano il documento d’identità”. Parole che pesano sul piano mediatico, ma che restano nel perimetro delle affermazioni e delle valutazioni personali del giornalista.

C’è poi un fronte giudiziario parallelo che riguarda lo stesso Wolff, perché è coinvolto anche in un contenzioso con Melania Trump. La First Lady ha minacciato di citarlo in giudizio per un miliardo di dollari per diffamazione. Wolff ha risposto con un’azione preventiva basata sulla legge anti-Slapp di New York, accusandola di volerlo zittire. “Io non ho diffamato la First Lady e non l’ho accusata di aver partecipato a reati. Ho solo detto che era a conoscenza del rapporto di amicizia che suo marito aveva con Epstein. La prossima settimana andremo in tribunale per ottenere la notifica della causa, e questo ci consentirà di chiamare i testimoni”. Alla domanda se sarà chiamato anche Donald Trump, Wolff risponde: “Lui, e tutti coloro che all’epoca appartenevano al loro circolo sociale, e quindi erano a conoscenza del loro rapporto con Epstein”.

Tra dichiarazioni, sospetti, rivendicazioni personali e un uso politico di ogni nuova informazione, il caso Epstein continua così a restare sospeso fra verità giudiziaria, narrazione mediatica e scontro elettorale. Secondo Michael Wolff, non è destinato a spegnersi presto.