Leone XIV contro la guerra del nostro tempo: “Blasfemo benedire i nazionalismi, folle preparare la pace con le armi”

Papa Leone XIV

Non si prepara la pace preparando la guerra. È il filo rosso che attraversa il primo messaggio di Leone XIV per la Giornata mondiale della pace, diffuso in Vaticano e tradotto anche in ucraino, a conferma della volontà del Pontefice di parlare a un mondo attraversato dai conflitti senza distinguere tra fronti, alleanze o bandiere. Un testo denso, severo, che segna una continuità evidente con il magistero di Francesco ma che al tempo stesso imprime un’accelerazione netta su alcuni nodi del presente: il riarmo globale, l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito militare, il ritorno dei nazionalismi benedetti in nome di Dio.

Leone XIV denuncia senza ambiguità i “ripetuti appelli a incrementare le spese militari” che si diffondono in molti Paesi, accompagnati da vere e proprie “campagne di comunicazione” volte a convincere l’opinione pubblica che la sicurezza possa essere garantita solo dalle armi. Una narrazione che, secondo il Papa, trasforma la preparazione alla guerra in un dovere politico e morale, arrivando a considerare quasi colpevole chi non si adegua a questa logica.

Nel messaggio, il Pontefice mette in guardia da una distorsione profonda del concetto di pace, trattata come un obiettivo astratto e lontano, al punto che non appare più scandaloso negarla o addirittura combattere in suo nome. “Quando trattiamo la pace come un ideale lontano – scrive – finiamo per non considerare scandaloso che la si possa negare e che persino si faccia la guerra per raggiungere la pace”. È una critica diretta a una cultura politica che, superando il principio della legittima difesa, fonda i rapporti tra Stati sulla paura e sulla forza, anziché sul diritto e sulla fiducia reciproca.

Il riferimento storico è esplicito. Leone XIV richiama il Concilio Vaticano II e la Pacem in terris di Giovanni XXIII, il Papa che negli anni Sessanta si adoperò per disinnescare l’escalation nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Oggi, avverte, quella minaccia non è scomparsa ma si è trasformata, aggravata da un ulteriore fattore: la tecnologia. L’avanzamento dell’intelligenza artificiale applicata alla guerra, scrive il Pontefice, ha “radicalizzato la tragicità dei conflitti armati” e sta aprendo la strada a una “deresponsabilizzazione” dei decisori politici e militari, che finiscono per delegare alle macchine decisioni che riguardano la vita e la morte delle persone.

Una spirale senza precedenti, la definisce Leone XIV, che mina le basi stesse dell’umanesimo giuridico e filosofico su cui si regge ogni civiltà. A questa deriva si affiancano, secondo il Papa, le “enormi concentrazioni di interessi economici e finanziari privati” che spingono gli Stati verso il riarmo, condizionandone le scelte politiche e strategiche.

I numeri citati nel messaggio rendono il quadro ancora più netto. Nel 2024 le spese militari mondiali sono cresciute del 9,4% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra record di 2.718 miliardi di dollari, pari al 2,5% del Pil globale. Un aumento costante da dieci anni che, per Leone XIV, non può essere letto come un semplice dato economico ma come il sintomo di una trasformazione culturale profonda.

Non a caso, il Papa lega il tema del riarmo a quello dell’educazione e dell’informazione. Invece di coltivare una “cultura della memoria”, capace di custodire le lezioni del Novecento e i milioni di vittime delle guerre, si promuovono – scrive – programmi educativi e campagne mediatiche che diffondono la percezione permanente della minaccia e una nozione esclusivamente armata di sicurezza. Scuole, università e media diventano così strumenti di normalizzazione del conflitto, preparando le coscienze prima ancora degli arsenali.

La parte più dura del messaggio riguarda però il rapporto tra religione, politica e violenza. Leone XIV parla apertamente di “blasfemia” quando la fede viene trascinata nel combattimento politico, quando si benedice il nazionalismo e si giustifica religiosamente la lotta armata. È un richiamo diretto al ruolo delle religioni, chiamate a vigilare contro il tentativo di trasformare in armi perfino i pensieri e le parole.

Le grandi tradizioni spirituali, ricorda il Papa, dovrebbero aiutare a superare i legami di sangue ed etnici, quelle fratellanze che riconoscono solo chi è simile e respingono chi è diverso. E invece, osserva, nel panorama contemporaneo è sempre più frequente l’uso strumentale della fede per legittimare divisioni, conflitti e violenze. Di fronte a questa deriva, i credenti sono chiamati a “smentire attivamente”, prima di tutto con la propria vita, queste forme di sacralizzazione della guerra che oscurano il nome di Dio.

Il messaggio si chiude richiamando l’espressione già usata da Leone XIV la sera della sua elezione: una “pace disarmata e disarmante”. Non uno slogan, ma una linea di demarcazione netta in un tempo in cui, avverte il Papa, la guerra rischia di diventare non solo accettabile, ma persino desiderabile.