Argentina al bivio: tensioni, scandali e mercati in crisi nella presidenza Milei

L’Argentina è tornata sotto i riflettori internazionali per una serie di eventi che mettono a dura prova la stabilità politica ed economica del Paese.

 Il presidente Javier Milei, noto per il suo stile «rivoluzionario», è stato costretto a fuggire in fretta da un comizio nella provincia di Buenos Aires dopo che manifestanti gli hanno lanciato pietre e bottiglie, segno evidente di una crescente tensione sociale e politica. Parallelamente, la sua cerchia più stretta è stata travolta da uno scandalo: la sorella Karina Milei è sospettata di aver partecipato a operazioni opache riguardanti l’acquisto di medicinali per una agenzia pubblica, sollevando accuse di corruzione e percentuali trattenute indebitamente. Queste rivelazioni hanno rilanciato indagini giudiziarie e inchieste giornalistiche che hanno già minato la credibilità del governo e alimentato la narrativa di una «casta» corrotta contro cui Milei aveva promesso una dura lotta. 

A complicare ulteriormente il quadro, la recente sconfitta elettorale subita dalla coalizione del presidente nella provincia di Buenos Aires ha innescato un’ondata di reazioni negative sui mercati finanziari, con un forte deprezzamento del peso argentino, il crollo dei titoli di Stato e una generale perdita di fiducia degli investitori. La lettura prevalente degli analisti è che questo risultato elettorale metta in discussione la capacità del governo di portare avanti le riforme radicali programmate senza un sostegno politico stabile. Da quando Milei è diventato presidente, nel dicembre 2023, ha seguito un’agenda economica molto dura e radicale, caratterizzata da pesanti tagli alla spesa pubblica, liberalizzazioni di mercato e una forte politica anti-inflazionistica. 

Nel 2025 l’Argentina ha siglato un nuovo accordo con l’FMI che ha garantito un respiro sui mercati finanziari ma ha imposto rigidi vincoli sulle riserve valutarie e sul mantenimento della stabilità macroeconomica. I risultati finora sono stati contrastanti: da un lato ci sono stati timidi segnali positivi, con fasi di attrazione di investimenti e una certa ripresa della fiducia verso il governo; dall’altro l’austerità e le misure restrittive hanno pesato su consumi, occupazione e condizione sociale, aggravando la fragilità delle riserve valutarie e accentuando la volatilità dei mercati. 

Il futuro della presidenza Milei si profila come un bivio tra tre scenari plausibili: il primo prevede una capacità di riforma e stabilizzazione reale, nel quale il governo riuscirebbe a costruire compromessi politici e sociali, mantenere le riserve e rispettare gli impegni con l’FMI, trasformando la spinta rivoluzionaria in una politica più prudente e quindi attirando investimenti sostenibili; il secondo, più probabile, è quello di una ricalibratura tattica in chiave moderata, dove dopo sconfitte elettorali e gli scandali, il governo mitigherebbe il tono e ridurrebbe l’aggressività delle misure, dando vita a negoziati e nuove alleanze per contenere le turbolenze sui mercati; il terzo e più rischioso è quello di una crisi profonda che vedrebbe una perdita di fiducia generalizzata, fuga di capitali, esaurimento delle riserve e nuovi picchi di inflazione e recessione, con pesanti ripercussioni sociali e una forte instabilità politica aggravata dalle indagini di corruzione nella cerchia presidenziale. 

Nei prossimi mesi molti fattori saranno determinanti: la gestione delle riserve valutarie e degli interventi sul cambio peso, l’evoluzione delle inchieste giudiziarie, i risultati delle future tornate elettorali e la capacità del governo di formare maggioranze parlamentari credibili, oltre al supporto o al ritiro dell’FMI che rimane un elemento cruciale per il bilanciamento delle politiche economiche. 

In sintesi, la presidenza «rivoluzionaria» di Javier Milei ha provocato profonde fratture in un sistema già messo a dura prova da molti anni di crisi economiche e sociali. Tra segnali alterni di fiducia e improvvisi arretramenti, l’accordo con l’FMI ha offerto ossigeno ma a costi stringenti, le politiche di liberalizzazione hanno acceso tensioni sociali, mentre scandali e sconfitte elettorali hanno mostrato quanto rapidamente la fiducia possa venire meno. L’Argentina si trova oggi davanti a un bivio cruciale: potrà consolidare un cammino riformista se il governo saprà trasformare l’energia rivoluzionaria in gestione prudente e costruzione di nuove alleanze; altrimenti rischia di scivolare in una nuova fase di crisi finanziaria e sociale. La variabile decisiva rimane la capacità politica di governare con equilibrio e pragmatismo, ben più che l’ideologia proclamata.