Dove l’Occidente invecchia, l’Oriente costruisce: numeri, voci e realtà di un futuro già iniziato

Parlamento europeo

L’apparente paradosso del mondo moderno – un’Europa che si avvita su sé stessa mentre altrove si costruisce il futuro – si scioglie appena si scava sotto la superficie. I numeri parlano chiaro, e a raccontarli sono anche le voci degli analisti, degli economisti, degli osservatori geopolitici.

La frattura demografica: il tempo contro l’Occidente

Nel 2025, la popolazione europea è in declino. Secondo Eurostat, l’Unione Europea perderà circa 30 milioni di abitanti entro il 2050. L’Italia è già oggi uno dei paesi più anziani del mondo: 1,2 figli per donna, età mediana 48 anni. La Germania non sta meglio. “Questa dinamica demografica è una condanna economica a rallentare”, spiega Andrea Goldstein, senior economist dell’OCSE. “Una società vecchia consuma meno, innova meno e ha bisogno di più spesa pubblica in welfare.”

Nel frattempo, l’Africa subsahariana cresce: si prevede che nel 2050 avrà oltre due miliardi di abitanti, con Nigeria, Etiopia e Congo in testa. Il 70% sotto i 30 anni. In Asia, l’India ha già superato la Cina per numero di abitanti, ma anche per crescita economica: il PIL indiano nel 2024 è cresciuto del 6,8%, secondo il FMI.

Focus: Arabia Saudita – dalla teocrazia al tecnofuturo

Una generazione fa, l’Arabia Saudita era sinonimo di petrolio e rigore religioso. Oggi è il cuore pulsante del progetto di trasformazione più ambizioso al mondo: Vision 2030.

“Abbiamo capito che il petrolio non può essere il nostro futuro. Per questo stiamo investendo in educazione, turismo, tech”, ha dichiarato Mohammed bin Salman in un’intervista al Wall Street Journal.

Il paese ha varato la NEOM, un’area urbana da 26.500 km² nel deserto, alimentata da energia solare e idrogeno verde, con auto a guida autonoma e zone industriali dedicate all’intelligenza artificiale. Il Public Investment Fund saudita (PIF) controlla asset per oltre 800 miliardi di dollari e ha investito in Uber, Lucid Motors, Nintendo e Softbank.

Focus: Emirati Arabi Uniti – dalla sabbia ai satelliti

Dubai e Abu Dhabi sono oggi hub globali per il business, la finanza, il turismo e l’innovazione. Gli Emirati hanno lanciato la loro prima missione su Marte nel 2021, e oggi il Mohammed Bin Rashid Space Centre collabora con la NASA e l’ESA.

Nel 2024, il PIL pro capite è salito a 49.000 dollari, mentre la tassazione per le imprese resta tra le più basse al mondo. “Gli Emirati hanno costruito una società ultramoderna in meno di 50 anni, puntando su infrastrutture, sicurezza, digitalizzazione e meritocrazia per le élite globali”, spiega Valeria Talbot, analista senior dell’ISPI.

Focus: India – il gigante democratico

Dimentichiamoci l’India povera degli anni ’80. Oggi è il laboratorio del capitalismo tecnologico. Bangalore è la “Silicon Valley d’Oriente”, e l’India produce il maggior numero di ingegneri informatici al mondo.

Nel 2024, secondo McKinsey, l’India ha superato il Regno Unito nel numero di unicorni (startup valutate oltre 1 miliardo di dollari). Multinazionali come Apple, Tesla e Google stanno trasferendo parte della loro produzione nel subcontinente.

“La democrazia indiana è imperfetta, ma ha una capacità di assorbire e valorizzare l’energia giovanile che l’Europa si sogna”, dice Rajiv Mehta, ricercatore del Centre for Policy Research di Delhi.

Europa: tra freni e illusioni

Mentre altrove si progetta, l’Europa discute. Il Recovery Plan doveva essere l’occasione di rilancio, ma in Italia oltre il 30% dei fondi non è ancora stato speso. In Francia, la spesa pubblica supera il 58% del PIL. In Germania, il freno costituzionale al debito blocca gli investimenti. La UE parla di “sovranità digitale”, ma solo il 4% dei semiconduttori mondiali è prodotto in Europa.

Il sociologo Wolfgang Streeck, in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, è lapidario: “L’Europa è una civiltà in pensione. Conserva le sue bellezze, ma ha smesso di credere nel domani”.

La frattura non è solo economica: è di immaginazione

In fondo, la vera differenza tra i due mondi è una questione di visione. I paesi arabi e asiatici, pur tra autoritarismi e disuguaglianze, stanno costruendo qualcosa. L’Occidente sembra difendere solo quel che resta. Non mancano eccellenze – dalla Francia nucleare alla Germania manifatturiera, all’Italia culturale – ma manca un disegno comune.

Papa Leone XIV, nel suo primo messaggio Urbi et Orbi, ha lanciato un monito potente: “Non possiamo arrenderci a un mondo dove la tecnologia avanza e l’anima arretra.”

Forse è proprio da qui che l’Occidente dovrebbe ripartire: dal recupero di un senso, non solo di un equilibrio di bilancio.

(Con il contributo di Francesco Vilotta)