Il piano di occupazione di Gaza, ancora coperto dal segreto di Stato, prevede un’operazione in più fasi. Secondo fonti citate dalla stampa israeliana, Israele punta prima a conquistare il Nord della Striscia e poi a estendere il controllo verso Sud. L’operazione, stimata in circa quattro mesi, richiederà tra le quattro e le cinque divisioni — fino a 100mila uomini — con il presidio del perimetro di circa 70 chilometri e delle aree dove saranno concentrati gli sfollati.
Il governo intende richiamare nuovamente i riservisti, sempre più numerosi ma anche sempre più riluttanti a prestare servizio. L’evacuazione verso “aree alternative” dovrà concludersi entro il 7 ottobre, data in cui i militari prenderanno ufficialmente il controllo. Tra gli obiettivi dichiarati: lo smantellamento di Hamas, la restituzione di tutti gli ostaggi, la smilitarizzazione completa della Striscia, il mantenimento del controllo israeliano sulla sicurezza e la creazione di un’amministrazione civile alternativa, distinta sia da Hamas sia dall’Autorità Nazionale Palestinese. Tra le ipotesi, anche il ricorso ad “agenzie private” per la gestione, soluzione che Hamas considererebbe comunque un’occupazione illegittima.
Le proteste interne si intensificano. Centinaia di manifestanti, comprese le famiglie degli ostaggi, hanno marciato a Tel Aviv e bloccato le strade, denunciando il piano come “una condanna a morte” per i prigionieri nelle mani di Hamas. In un comunicato, i familiari accusano il governo di “abbandono ufficiale degli ostaggi” e di ignorare “i ripetuti avvertimenti dei vertici militari” e “il desiderio della maggior parte dell’opinione pubblica israeliana”.
La pressione cresce anche dall’estero. Migliaia di leader delle comunità ebraiche, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, hanno firmato una lettera aperta al premier Benjamin Netanyahu, denunciando “danni duraturi” alla reputazione di Israele e dell’ebraismo e avvertendo che la retorica e le scelte del governo alimentano l’antisemitismo globale. I firmatari chiedono un accordo immediato per la liberazione degli ostaggi, la fine della guerra e l’impegno a non occupare Gaza né sostenere espulsioni di civili palestinesi, oltre a un’azione decisa contro la violenza dei coloni in Cisgiordania.