La famiglia del killer di Charlie Kirk spiazza i conservatori: “A casa siamo tutti Maga”

La scena era perfetta per una narrazione a senso unico: un giovane killer, frasi antigovernative incise sui proiettili, la vittima simbolo del conservatorismo trumpiano. Per ore, dopo l’omicidio di Charles “Charlie” Kirk, il racconto mediatico della destra americana ha seguito questo copione: Tyler Robinson, 22 anni, era “l’ennesimo estremista di sinistra”, cresciuto nei campus liberal, pronto a riversare odio su chi difende i valori repubblicani. Poi, la storia ha cominciato a incrinarsi.

La prima frattura l’ha aperta la famiglia del presunto assassino. Debbie, la nonna di Tyler, intervistata dal Daily Mail, ha detto senza esitazioni: «Mio figlio, suo padre, è repubblicano. In casa siamo tutti Maga. Non conosciamo democratici». Parole che hanno tolto terreno alla versione confezionata dai media trumpiani, quella che dipingeva Robinson come una pedina della sinistra radicale. Per la nonna era solo “un ragazzo tranquillo, disinteressato alla politica”, cresciuto in una casa dove cappellini rossi e fucili non mancavano mai. Il primo, racconta, gli era stato regalato dai genitori quando era poco più di un bambino.

La seconda incrinatura è arrivata da un compagno di scuola, intervistato dal Guardian, che ha parlato di critiche a Trump sentite anni fa. Una testimonianza subito ritirata, definita “riportata in modo inaccurato”. «Non lo vedo da tempo, non posso dire quale fosse davvero la sua posizione politica», ha ammesso. Segno che il profilo di Robinson non si lascia definire con facilità.

E così, mentre i conservatori più vicini a Trump cercavano di insistere sulla pista “antifà”, altri elementi spuntavano dalle inchieste giornalistiche e dalle indagini federali. Il New York Post lo ha descritto come un giovane in crisi, che conviveva con una persona trans in piena transizione. Fox News Digital ha aggiunto che l’Fbi avrebbe confermato una relazione sentimentale con quella partner e il sequestro di computer e materiale dall’appartamento di Saint George, nello Utah, dove i due vivevano. Una narrazione che i media di destra hanno usato per rafforzare il cliché del “diverso” instabile, capace di sfociare nella violenza.

Ma il pezzo che ha destabilizzato ancora di più la ricostruzione conservatrice è arrivato da Newsweek. Secondo il settimanale, Robinson sarebbe stato vicino ai “Groyper”, il movimento suprematista bianco guidato da Nick Fuentes. Una foto di Halloween lo ritrae accovacciato con una tuta Adidas nera, posa tipica dei meme alt right legati a Pepe the Frog, simbolo tossico delle comunità ultraradicali. Un cortocircuito clamoroso, perché proprio Fuentes e i suoi hanno sempre detestato Kirk e Turning Point Usa, accusandoli di essere “moderati”. Più volte i Groyper hanno disturbato eventi dell’organizzazione.

Fuentes non ha perso tempo: «La sinistra vuole incolparci per l’omicidio Kirk, ma noi sappiamo che è guerra. Vinciamo o moriamo», ha scritto sui social, rivendicando lo scontro ma respingendo ogni collegamento diretto. Un linguaggio che ha inquietato persino molti repubblicani tradizionali, già spiazzati dalla direzione che il dibattito stava prendendo.

A complicare ulteriormente le cose ci sono le frasi incise sui proiettili usati da Robinson. Non slogan politici, spiegano gli esperti interpellati da Wired Usa, ma citazioni prese da videogiochi e culture online. “Hey Fascist! Catch!” con cinque frecce non era un grido militante, ma un comando del popolare Helldivers 2 per sganciare una bomba da 500 chili. “Bella Ciao”, da sempre simbolo della Resistenza italiana, è stata risignificata in serie tv come La Casa di Carta e in videogiochi come Far Cry 6, diventando un inno generico di ribellione, usato anche in ambienti di destra. Persino la frase “Se leggi questo sei gay” appartiene alla goliardia omofoba di forum e chat online, una lingua parallela che spesso trasforma il non-sense in codice identitario.

Ne esce l’immagine di un ragazzo ibrido, intrappolato in un cortile di specchi. Cresciuto in una famiglia interamente repubblicana, ma al tempo stesso esposto a subculture online dove le ideologie si mischiano e si travestono. Partner di una persona trans, ma forse anche simpatizzante di ambienti suprematisti. Fragile, contraddittorio, indecifrabile.

Per la destra americana, il colpo è stato duro. Nel giro di due giorni sono passati dall’accusare la sinistra di avere “sangue sulle mani” a dover ammettere che il killer potrebbe essersi formato nelle stesse comunità che sostengono Trump. La deputata Nancy Mace, che inizialmente aveva invocato la pena di morte, ha cambiato tono: «Kirk avrebbe pregato per quell’individuo perduto. Facciamolo anche noi».

Intanto, l’Fbi continua a scavare nei dispositivi sequestrati a Saint George. Gli investigatori cercano prove di contatti stabili con i Groyper o con altri gruppi radicali. Nella cittadina dello Utah, intanto, il dibattito è acceso: come ha fatto un ragazzo descritto come “tranquillo” a trasformarsi nell’assassino di un leader conservatore?

Il caso Robinson è ormai diventato un prisma che riflette le fratture della società americana. Da un lato i media trumpiani, costretti a riscrivere la propria narrazione; dall’altro i progressisti, che osservano il cortocircuito senza rinunciare a sottolineare le contraddizioni del fronte opposto. Nel mezzo, resta la realtà di un omicidio che è già diventato campo di battaglia ideologico. Una cosa, però, appare chiara: Tyler Robinson non era un “altro”. Era cresciuto dentro la stessa America che ora cerca di scaricare il peso delle sue colpe.