Una grigliata, qualche brindisi e un logo proiettato su un muro. Tanto è bastato per costare all’Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra tedesco, il suo quartier generale nella capitale. Una sentenza del tribunale regionale di Berlino ha stabilito che l’Afd dovrà lasciare entro il 30 settembre 2026 la sede di Reinickendorf, nel nord della città, dove dal 2022 gestiva uffici, sale riunioni e spazi per eventi.
La decisione, che arriva al termine di mesi di contenzioso, è il risultato di un reclamo presentato dal proprietario dell’immobile, l’imprenditore austriaco Lukas Hufnagl. L’uomo, titolare della società immobiliare Quercus Grund, aveva denunciato il partito per aver organizzato – lo scorso 23 febbraio – una festa elettorale non autorizzata. Secondo il tribunale, il partito avrebbe “violato in modo grave e consapevole” i termini del contratto d’affitto, utilizzando aree pubbliche non comprese nel contratto e proiettando il logo del partito su una parete esterna, in violazione della clausola che vietava attività di propaganda o pubblicità politica nei locali.
Il giudice Burkhard Niebisch ha riconosciuto al locatore la facoltà di interrompere il contratto, ma ha anche negato la richiesta di sfratto immediato: l’Afd potrà restare fino al 2026, due anni prima della scadenza originaria fissata per il 2028. “È una soluzione di equilibrio – ha spiegato Niebisch – che tiene conto della violazione ma anche della mancanza di un richiamo formale precedente da parte del locatore”.
La grigliata incriminata, organizzata per celebrare i risultati elettorali dell’Afd, era stata presentata come un incontro conviviale con la stampa e con i simpatizzanti. Quel giorno, però, i militanti avevano allestito un palco, acceso i barbecue nel cortile e riempito la strada di bandiere e slogan. Le foto dell’evento avevano fatto il giro dei media tedeschi: musica, discorsi e fiumi di birra, con i dirigenti Tino Chrupalla e Alice Weidel in prima fila a festeggiare il “grande balzo” elettorale del partito, ormai seconda forza politica del Paese dietro la Cdu-Csu.
Per Hufnagl, però, non c’era nulla da festeggiare. «L’Afd si è comportata come se la proprietà fosse sua», ha raccontato al sito Politico Europe. «Non avevano alcuna autorizzazione per occupare l’area esterna e hanno esposto simboli di partito contro ogni regola. L’ho scoperto leggendo i giornali». L’imprenditore ha detto di essere rimasto scosso dall’aggressività del clima seguito alla denuncia: «Dopo aver comunicato la rescissione del contratto, ho ricevuto minacce. Mi hanno detto che non sarebbe stato un problema far arrivare due o tre autobus di ragazzi forti. Anche mia moglie ne è rimasta terrorizzata».
Durante l’udienza, Hufnagl si è commosso quando il giudice ha riassunto la vicenda. Ha ammesso di non aver previsto “un tale livello di esposizione pubblica” affittando all’Afd. Da allora, ha raccontato, le banche avrebbero iniziato a rifiutargli crediti “per non avere rapporti con chi è legato a un partito estremista”. Il partito, infatti, è formalmente monitorato dal Bundesamt für Verfassungsschutz, l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, che da anni osserva da vicino le sue frange più radicali, soprattutto nei Länder dell’Est.
Da parte sua, l’Afd ha cercato di minimizzare la portata della decisione. Il deputato Kay Gottschalk, che ha rappresentato il partito in aula, ha definito la causa “puramente economica” e ha rivendicato “una parziale vittoria”. Secondo Gottschalk, infatti, il giudice ha respinto la richiesta di sfratto immediato avanzata da Hufnagl e ha “confermato la possibilità di restare ancora due anni nella sede di Reinickendorf, per organizzare un trasferimento in condizioni ordinate”.
Ma trovare un nuovo quartier generale non sarà facile. Da anni l’Afd incontra enormi difficoltà a reperire spazi per i propri eventi. Molti proprietari, spaventati dall’etichetta di “partito sorvegliato”, rifiutano di affittare sale o immobili. Anche grandi catene alberghiere e centri congressi si tengono alla larga per evitare boicottaggi o proteste. Nel 2023, il partito aveva già perso la disponibilità di una struttura a Potsdam per motivi simili.
Ora i dirigenti pensano di spostarsi più vicino al Bundestag, a circa tre chilometri dal Parlamento, forse acquistando un immobile per evitare altri contenziosi. “Ci trasferiremo entro giugno 2026”, ha dichiarato Gottschalk a Deutsche Welle. “Stiamo già cercando una nuova sede e valutiamo l’acquisto, per mettere fine a questo tipo di pressioni politiche”.
Sul fronte legale, però, la vicenda non è ancora chiusa. Entrambe le parti possono ricorrere al Kammergericht, la Corte d’appello di Berlino.
L’Afd potrebbe chiedere di rivedere la data dello sfratto, mentre Hufnagl valuterà se insistere per un’uscita anticipata, appellandosi alle minacce e ai danni economici subiti.
La sentenza ha riacceso il dibattito sul rapporto tra libertà politica e responsabilità civile. In Germania, dove l’estrema destra guadagna consenso ma resta nel mirino delle autorità, l’episodio ha un valore simbolico che va oltre il singolo contenzioso immobiliare.
Per molti commentatori, è la fotografia di un partito sempre più forte alle urne, ma ancora ai margini della società civile.
E che ora, dopo la grigliata della discordia, dovrà trovarsi non solo una nuova sede, ma anche un modo diverso di gestire la propria immagine pubblica.