Sospesa, allarmata e spesso un passo indietro rispetto agli eventi: l’Unione Europea fatica a trovare una linea unitaria sulla guerra tra Israele e Iran, mentre cresce la pressione diplomatica e il timore per una crisi economica e di sicurezza.
Europa in affanno tra raid e diplomazia
Alla riunione dei 27 ministri degli Esteri, il conflitto in Medio Oriente è esploso come un macigno. Tutti d’accordo nel ribadire che Teheran non deve mai ottenere l’atomica e che Israele ha diritto alla difesa. Ma l’Ue rifiuta tanto la strategia dello scontro di Benjamin Netanyahu quanto le suggestioni di “regime change” evocate da Donald Trump.
L’Alto Rappresentante per la Politica Estera, Kaja Kallas, ha ribadito che “bisogna ridurre al minimo il rischio di una escalation”. Il francese Jean-Noel Barrot ha rilanciato la necessità di “negoziare sul nucleare”, linea condivisa da Italia e Gran Bretagna. Anche i governi più vicini a Israele, come quello italiano, restano lontani da logiche di rovesciamento militare del regime iraniano.
Tajani propone Roma per un tavolo negoziale
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito la disponibilità dell’Italia a ospitare un tavolo negoziale tra Washington e Teheran. “L’obiettivo è riattivare il dialogo tra Stati Uniti e Iran”, ha spiegato, confermando i contatti con entrambi gli omologhi. Roma si candida così a giocare un ruolo di mediazione attiva in una crisi che minaccia gli equilibri globali.
Sicurezza, energia e prezzo del petrolio
Dietro gli appelli alla moderazione, l’Ue nasconde un timore crescente: la chiusura dello Stretto di Hormuz. I Pasdaran iraniani hanno minacciato lo stop al transito, una mossa che avrebbe “danni enormi per tutti”, secondo Tajani. Il rischio blocco ha già riacceso l’allarme sui mercati energetici.
Ungheria e Slovacchia chiedono il ritiro del piano Repower UE e il ritorno al gas russo. Anche la revisione al ribasso del price cap sul petrolio – cuore del 18° pacchetto di sanzioni – inizia a raccogliere consensi critici.
Su Gaza l’Unione resta spaccata
Ma è il dossier Gaza a mostrare le crepe più evidenti tra i 27. Il report di Kallas sulle violazioni umanitarie commesse da Israele è rimasto senza seguito politico. La Spagna guida un gruppo di Paesi che vorrebbero sospendere l’accordo di associazione con Israele o bloccare l’export di armi. Ma l’Italia e la Germania si oppongono.
“È con un dialogo aperto che si ottengono risultati”, ha dichiarato Tajani, bocciando le “scelte velleitarie” che, a suo avviso, servono solo alla politica interna di alcuni Paesi.
Il futuro dell’Europa nella crisi mediorientale
Nel caos della guerra tra Israele e Iran, l’Europa appare ancora spettatrice più che protagonista. La distanza tra i principi espressi a Bruxelles e la velocità dei fatti sul campo lascia presagire un ruolo sempre più difficile da giocare per l’Ue. Ma se il rischio escalation aumenterà, la pressione su Bruxelles – e sulle sue divisioni interne – sarà ancora più forte.