È un terremoto istituzionale quello che scuote gli Stati Uniti a meno di sei mesi dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Con una decisione del tutto inattesa, la United States Court of International Trade, il tribunale federale competente per le controversie in materia di commercio estero e dogane, ha annullato in blocco il pacchetto di tariffe punitive annunciate da Trump nel cosiddetto “Liberation Day”, il discorso inaugurale con cui il nuovo presidente aveva dichiarato guerra alla “globalizzazione predatoria”.
Con un’ordinanza lunga e dettagliata, la Corte ha ritenuto che l’imposizione generalizzata di dazi a decine di paesi — inclusi partner strategici come l’Unione Europea, il Giappone, il Canada e la Corea del Sud — violasse la normativa federale e i trattati internazionali ratificati dal Congresso, oltre a rappresentare un uso improprio dei poteri presidenziali in materia di sicurezza nazionale.
Una sentenza inattesa e devastante per la dottrina Trump
La decisione, che pochi analisti avevano previsto, arriva come un fulmine a ciel sereno. La strategia protezionista di Trump era infatti considerata il pilastro del suo secondo mandato. In nome della “sovereign manufacturing” americana, il presidente aveva introdotto dazi fino al 60% su centinaia di categorie di prodotti esteri, colpendo in modo particolare la Cina, ma anche l’industria automobilistica europea e il settore tecnologico asiatico. Per l’Europa aveva addirittura annunciato dazi del 150%! Poi rinviati.
Le tariffe avevano scatenato una serie di ritorsioni, dando vita a un clima da guerra commerciale globale che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, stava già provocando tensioni sulle catene di approvvigionamento e pressioni inflazionistiche internazionali.
Ora, con la sentenza della Court of International Trade, l’intero impianto viene dichiarato nullo, almeno fino a eventuali modifiche legislative del Congresso. Secondo i giudici, “il presidente ha agito in eccesso rispetto ai poteri conferitigli dal Trade Expansion Act del 1962”, utilizzando in modo improprio la clausola della sicurezza nazionale per giustificare misure economiche che “non sono motivate da minacce reali, ma da valutazioni politiche e ideologiche”.
La furia della Casa Bianca: “Un golpe giudiziario”
La reazione dell’amministrazione Trump è stata immediata e furiosa. In una dichiarazione dai toni durissimi, il portavoce della Casa Bianca ha parlato di “un vero e proprio golpe giudiziario”, accusando la Corte di “interferire con il mandato democratico del popolo americano, che ha votato per un cambiamento radicale nella politica commerciale”.
Lo stesso Trump, in un post infuocato su Truth Social, ha scritto: “Un gruppo di giudici non eletti ha appena deciso che la Cina, l’Europa e i burocrati globalisti possono continuare a derubare l’America. Non finirà qui. La lotta per la libertà economica è appena cominciata”.
Secondo fonti vicine al presidente, si valuta l’ipotesi estrema di forzare il Congresso a varare una legge d’urgenza per aggirare la sentenza o addirittura tentare di ricorrere alla Corte Suprema, anche se i margini sono ristretti.