Tony Blair a Gaza: l’uomo dei disastri ora “governa” sulle macerie sognando la pace

Tony Blair non impara mai. La sua carriera è un catalogo di errori trasformati in palcoscenico: guerre fallite, mediazioni inutili, rapporti con regimi autoritari. E oggi eccolo lì, a 72 anni, pronto a “governare” Gaza grazie al nuovo piano di pace di Donald Trump. Il paradosso è enorme: affidare la gestione di una delle zone più devastate del mondo a chi ha contribuito a crearne altrettanti disastri è quasi comico, se non fosse drammaticamente reale.

 Trump e Blair, una coppia assurda e inspiegabile: due politici agli antipodi, simili per la loro capacità di sopravvivere ai propri fallimenti. Anche politicamente sono lontanissimi: Blair, laburista, raffinato e attento all’immagine, Trump, il presidente americano che non tiene la parola nemmeno per un minuto, che minaccia l’atomica come se fosse un tweet, che accumula guai, orrori e contrasti a ritmo incessante. Una coppia piuttosto grottesca che si lancia in un’avventura che tutti si augurano possa avere successo.

Nella storia politica di Blair emerge il Primo ministro inglese che portò il Regno Unito a fianco di George W. Bush in Afghanistan e Iraq. Guerre che hanno lasciato sul terreno milioni di morti, hanno ridotto in macerie i paesi e distrutto gli Stati. Il Blair laburista seguì il repubblicano Bush come un gregario fedele, tradendo il suo stesso partito.

Nel 2007 Blair si dimette e si lancia come inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente: i risultati della sua azione hanno portato sconfitte e colossali fallimenti. Nove anni senza mai ottenere risultati concreti. Contestato dai palestinesi per la sua evidente vicinanza a Israele, il suo ruolo fu più quello di spettatore privilegiato che di mediatore efficace.

Ma Blair non si è arreso e da consulente globale ha stretto rapporto con i regimi del Golfo, è diventato amico di Mohammed bin Salman, ha intrecciati rapporti importanti  con l’Arabia Saudita. Per poi finire alla corte di Trump. E così Tony Blair,  primo ministro laburista si è detto pronto a “guidare” Gaza nel nome della pace trumpiana.

Blair ricambia il favore e definisce il piano di Trump per Gaza: “coraggioso e intelligente”. Lo stesso uomo che portò il Regno Unito in Iraq oggi dovrebbe pacificare Gaza. Una beffa e una “pessima idea” per i laburisti inglesi.

C’è da augurarsi che Blair, nel suo probabile incarico di ‘governo’ sulle macerie di Gaza, smetta di essere l’uomo dei disastri che non paga mai. L’uomo che media tutto, che governa tutto…a parole, mentre intorno a lui la realtà brucia. Ma Gaza non è Downing Street, né un think tank arabo. Qui gli errori si pagano in vite umane. E affidare la pace a Blair è come affidare un incendio a un piromane.

Se Gaza sarà l’ennesimo fallimento dell’ex primo ministro, Blair sarà lì a giustificare e a trasformare il disastro in carriera. È questa la cifra di un politico senza pudore, senza freni, capace solo di sopravvivere a se stesso, anche davanti alla sua più drammatica sconfitta. Ma la pace di Gaza non si costruisce con i sopravvissuti ai propri errori. Ci vuole ben altro.

Ghino di Tacco