Donald Trump ha annunciato da tempo la sua intenzione di ridurre drasticamente gli aiuti internazionali degli Stati Uniti. Una mossa che, secondo i suoi sostenitori, servirebbe a “rimettere l’America al primo posto” e tagliare spese giudicate superflue. Ma dietro a questa narrazione muscolare si nasconde una realtà molto più spietata: quella delle conseguenze concrete che queste decisioni politiche, prese a migliaia di chilometri di distanza, potrebbero avere sulla vita – o sulla morte – di milioni di persone.
A dirlo non è una ONG con l’anima in pena, ma uno studio scientifico pubblicato dalla prestigiosa rivista Lancet. I numeri sono durissimi: se i tagli prospettati venissero attuati, da qui al 2030 potrebbero causare la morte di oltre 14 milioni di persone. Tra loro, più di 4 milioni sarebbero bambini. Un’ecatombe silenziosa che si consumerebbe nei Paesi a basso e medio reddito, dove le risorse già scarse verrebbero ulteriormente ridotte. Dove i vaccini non arriverebbero più. Dove le cure contro la malaria, l’HIV, la tubercolosi e la malnutrizione si interromperebbero bruscamente.
«I tagli agli aiuti internazionali rischiano di interrompere, o addirittura invertire, due decenni di progressi nella salute pubblica globale», ha dichiarato uno degli autori dello studio. E la portata di questo shock – è la sua analisi – sarebbe paragonabile a quella di una pandemia o di una guerra.
Il punto, drammaticamente, è proprio questo: chi decide, spesso, non si rende conto del peso delle proprie scelte. O peggio ancora, se ne rende conto ma non se ne cura. Lo stile di Trump è noto: nazionalismo esasperato, retorica del “prima noi”, attacco alle istituzioni multilaterali. L’ex presidente – e probabile futuro candidato – non fa mistero della sua insofferenza verso ogni forma di cooperazione internazionale. Ma non è solo. A fare da cassa di risonanza c’è Elon Musk, imprenditore visionario e insieme provocatore seriale, capace di orientare milioni di follower con un tweet.
Il problema, in entrambi i casi, è il disinteresse per le conseguenze. Ridurre i finanziamenti ai programmi globali di salute non significa “tagliare gli sprechi”. Significa chiudere ambulatori in Congo, sospendere campagne vaccinali in Bangladesh, lasciare interi villaggi senza accesso a cure basilari. Significa che una madre incinta in Uganda non riceverà assistenza. Che un bambino in Nepal non verrà vaccinato contro il morbillo. Significa, in parole crude, che si morirà di meno visibile. Lontano dai riflettori. Ma si morirà.
L’impatto previsto dai ricercatori di Lancet è da allarme rosso. Già oggi, in molte aree dell’Africa subsahariana e del Sud-Est asiatico, le infrastrutture sanitarie sono fragili, se non inesistenti. Il sostegno di Paesi donatori come gli Stati Uniti – per quanto insufficiente – fa la differenza tra sopravvivere e soccombere. Quando l’amministrazione Trump riduce o blocca questi fondi, l’effetto è immediato. E devastante.
Il vero rischio è che l’approccio isolazionista americano venga imitato. Che altri governi, in Europa o altrove, seguano la linea del disimpegno. Che l’idea stessa di solidarietà internazionale venga liquidata come un lusso da tempi di pace. È già successo durante la pandemia da Covid-19: i Paesi ricchi si sono accaparrati i vaccini, lasciando indietro miliardi di persone. Oggi rischia di ripetersi lo stesso schema, ma su scala più vasta e duratura.
Nel frattempo, nei forum internazionali si parla di “resilienza”, “sviluppo sostenibile”, “2030 Agenda”. Ma a morire, ogni giorno, sono bambini sotto i cinque anni. Non per epidemie nuove, ma per malattie antiche e curabili. Per la mancanza di antibiotici, di zanzariere, di latte terapeutico. Per la mancanza di volontà politica.
Il messaggio lanciato dallo studio pubblicato su Lancet è chiaro: la salute globale non è un’opzione. È una responsabilità. E riguarda anche noi, anche se pensiamo che le distanze ci proteggano. Ogni taglio deciso nei palazzi del potere ha ricadute reali nei villaggi e nelle periferie del mondo. Ogni scelta egoista fatta per guadagnare qualche punto nei sondaggi, può costare milioni di vite.
E mentre Trump si prepara alla sua campagna per “Make America Great Again”, mentre Musk gioca con i suoi satelliti e le sue intelligenze artificiali, sarebbe il caso di ricordare che non esiste grandezza senza umanità. Né progresso senza giustizia. Né futuro senza responsabilità.