L’amministrazione Trump ha comunicato che gli Usa si ritireranno nuovamente dall’Unesco, l’agenzia culturale delle Nazioni Unite. Il provvedimento entrerà in vigore il 31 dicembre 2026 e rappresenta un ritorno alla politica dell’America First, dopo che gli Stati Uniti erano rientrati nell’organizzazione sotto la presidenza Biden.
America First contro l’agenda Unesco: le motivazioni del ritiro
Secondo la portavoce del dipartimento di Stato, Tammy Bruce, la decisione nasce dal disaccordo con “cause sociali e culturali divisive” e con la promozione di un’agenda globalista e anti-israeliana. Bruce ha citato l’ammissione della Palestina come Stato membro e la retorica “contraria alla politica statunitense”. Washington aveva già abbandonato altre agenzie Onu sotto Trump, come Oms e Human Rights Council, e lasciò l’Unesco anche nel 1984 con Reagan, per poi rientrare solo nel 2003.
Le reazioni di Israele, Unesco e Francia: tra rammarico e soddisfazione
Il ritiro è stato accolto con favore dal ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, che lo ha definito “un passo necessario per la giustizia e il diritto di Israele”. Di segno opposto la reazione della direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, che parla di “profondo rammarico” ma nega ogni pregiudizio anti-israeliano e rivendica l’impegno dell’agenzia contro l’antisemitismo. Anche la Francia, attraverso il presidente Macron e il ministero degli Esteri, difende l’importanza dell’Unesco e assicura il proprio sostegno alle sue missioni.
Trump ritiro Unesco, una scelta che divide la diplomazia internazionale
Con questa mossa, Trump rafforza la linea dell’America First e riapre il dibattito sul ruolo delle agenzie Onu e sul multilateralismo. Gli Stati Uniti resteranno membri a pieno titolo fino alla fine del 2026, ma la decisione riporta tensioni nei rapporti con gli alleati e ridisegna gli equilibri nella diplomazia globale.