Cento anni fa nasceva la meccanica quantistica: come ha cambiato il mondo?

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Nel 1925 nasceva ufficialmente la meccanica quantistica. A un secolo di distanza, viviamo in un mondo costruito su un’idea tanto strana quanto vera: che la realtà, nel suo intimo, è probabilistica, discontinua e sorprendentemente “indeterminata”.

Cento anni fa, nel 1925, Werner Heisenberg, un giovane fisico tedesco di appena 23 anni, scriveva un articolo che avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di vedere il mondo. Era la nascita della meccanica quantistica, la teoria che descrive il comportamento delle particelle subatomiche — elettroni, fotoni, neutroni — e che, nonostante la sua stranezza, è oggi la base della nostra comprensione dell’universo fisico.

La rivoluzione quantistica era già iniziata nel 1900, con Max Planck, che per primo introdusse l’idea che l’energia non fosse continua ma “quantizzata”, ovvero emessa in pacchetti (i quanti, appunto). Ma è tra il 1925 e il 1927 che nasce la struttura matematica completa: Heisenberg, Schrödinger, Dirac e Born pongono le fondamenta di una teoria che oggi, nel 2025, celebra un secolo di applicazioni e misteri.

Ma cosa dice, in parole semplici, la teoria dei quanti? Dice che, al livello più piccolo, le particelle non si comportano come palline, ma come onde di probabilità. Finché non osserviamo un elettrone, per esempio, non ha una posizione definita: può trovarsi ovunque, e solo l’atto della misura lo “costringe” ad apparire in un punto. È come se il mondo, nella sua versione microscopica, fosse composto non da cose, ma da possibilità.

Un altro esempio è il principio di indeterminazione di Heisenberg: non possiamo conoscere contemporaneamente e con precisione assoluta la posizione e la velocità di una particella. Non è un problema di strumenti, ma una caratteristica intrinseca della natura. In pratica: la realtà è indeterminata fino a quando non la osserviamo. E anche dopo, rimane una questione di probabilità. Sembra filosofia, e in parte lo è. Ma la meccanica quantistica non è una teoria astratta: è il motore della nostra civiltà tecnologica.

Grazie a essa abbiamo:

  • I transistor, che sono alla base di tutti i computer e smartphone.
  • I laser, utilizzati in medicina, telecomunicazioni, lettori ottici.
  • La risonanza magnetica nucleare, fondamentale per la diagnostica medica.
  • La crittografia quantistica, in fase di sviluppo per una sicurezza digitale inviolabile.
  • I computer quantistici, che promettono di rivoluzionare l’informatica nei prossimi decenni.

E ancora: GPS, satelliti, pannelli solari, LED, chip e sensori, tutto questo non sarebbe possibile senza la teoria dei quanti. Eppure, dopo cento anni, non abbiamo ancora capito del tutto cosa significhi la meccanica quantistica.

Einstein, pur riconoscendone la validità, era perplesso: “Dio non gioca a dadi”, disse. Ma la natura, pare, gioca eccome. Ci sono fenomeni come l’entanglement quantistico, in cui due particelle possono influenzarsi istantaneamente a distanza, che ancora oggi sfidano il nostro senso comune. Nonostante questo, la teoria funziona perfettamente: è la più verificata nella storia della scienza. Ogni esperimento conferma le sue previsioni. È come se la realtà seguisse regole matematiche molto più strane di quanto la nostra intuizione possa accettare.

Oggi, nel 2025, mentre celebriamo il centenario della teoria dei quanti, siamo all’alba di una seconda rivoluzione quantistica. La prima ci ha dato gli strumenti elettronici, la seconda promette nuove forme di calcolo, comunicazione, energia. Stiamo imparando a dominare l’incertezza, a programmare le probabilità, a interagire con l’universo in modi inimmaginabili solo pochi decenni fa. La teoria dei quanti non è solo una pietra miliare della scienza. È una lente con cui guardare il mondo — e noi stessi — in un modo radicalmente nuovo. In un’epoca in cui cerchiamo certezze, ci ricorda che l’incertezza è parte della natura. Ma non è il suo limite: è la sua ricchezza.